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ELON MUSK TRA RETORICA ANTI-ESTABLISHMENT E SUSSIDI GOVERNATIVI
Di comidad (del 29/08/2024 @ 00:13:58, in Commentario 2024, linkato 5956 volte)
Stavolta “Open” non ha potuto scaricare la colpa su Massimo Mazzucco. La NASA, l’ente spaziale americano che aveva mandato l’Uomo sulla Luna, oggi non riesce a riportare sulla Terra gli astronauti che aveva spedito sulla stazione spaziale internazionale. Chi poteva essere a combinare il pasticcio? Ovviamente la Boeing, che aveva rifilato l’ennesimo bidone al contribuente americano, cioè la capsula Starliner, che dovrebbe essere una sorta di navetta tra la Terra e l’orbita bassa ma che non è capace neanche di trasportare la spesa dal supermercato a casa. Meno male che a salvare la situazione è arrivato il “cavaliere libero e selvaggio”, il grande outsider Elon Musk, quello arrivato negli USA dal Sud-Africa per via Canada. La NASA ha affidato a lui ed alla sua azienda SpaceX il salvataggio dei due astronauti, la cui missione avrebbe dovuto durare otto giorni, ed invece resteranno bloccati in orbita per altri sei mesi, oltre i due mesi già trascorsi; ovviamente se non ci saranno altri intoppi.
Nella sua infinita saggezza “Open” sa che bisogna sempre lasciare alla gente un miliardario in cui credere; perché la salvezza ci può venire solo da un miliardario, mica da un fesso qualunque. Una volta le grandi contrapposizioni ideologiche erano intestate ai partiti ed ai loro leader, mentre oggi devi sceglierti un miliardario per il quale tifare: Soros o Trump, in base alla fittizia diatriba tra globalismo e sovranismo; per cui si può considerare l’uno il super-eroe e l’altro il “villain”, o viceversa. Il ”filantropo” George Soros è un personaggio fin troppo decifrabile: un ex collaborazionista dei nazisti, poi arruolato dalla CIA e usato come sponda esterna per fare soldi in Borsa con l’insider trading e organizzare rivoluzioni colorate. Nel 2013 Soros fu insignito del premio intitolato a Tiziano Terzani, quindi prestigioso quanto ricevere uno sberleffo; interessanti sono però le motivazioni dei componenti della giuria del premio, che sembrano ispirarsi ad una narrativa fumettistica e descrivono Soros come se fosse Bruce Wayne/Batman (che non a caso è un miliardario-filantropo, ed è infatti l’archetipo su cui si è costruita tutta l’epica rappresentazione della “miliardariomachia”).

Donald Trump è invece un personaggio più impreciso: un palazzinaro e divo televisivo che è stato strumentalmente mitizzato e demonizzato dalla cleptocrazia militare, proprio perché velleitario e quindi idoneo a convogliare una fittizia opposizione. Di autentico nella vicenda di Trump c’è solo la feroce ostilità dei gangster del clan dei Clinton, che rifiutano anche un temporaneo allontanamento dal potere, poiché comporterebbe per loro il rischio della galera. Dato che l’inconsistenza di Trump si è palesata, si è dovuto accoppiarlo ad un altro miliardario che gli facesse da rinforzo: Elon Musk; due miliardari al prezzo di uno. Purtroppo c’è molto cinismo in giro. Ci sono individui aridi secondo i quali Elon Musk svolge la funzione di mito di riserva ad uso delle masse deluse, ma in realtà, a dispetto del suo alone di anti-establishment, dipende anche lui dalla stessa mangiatoia delle altre multinazionali. Per ora infatti la notizia concreta non è che SpaceX riporterà gli astronauti a casa (aspetta e spera), bensì che l’azienda di Musk dipende anch’essa dagli appalti pubblici che ingrassano la cleptocrazia militare. Magari qualcuno credeva che Musk avesse allestito una bancarella per vendere le sue balle spaziali direttamente ai consumatori, invece SpaceX è tra i contractor delle agenzie governative della difesa e della “intelligence”. Questa dipendenza non è cominciata in nome dell’emergenza e per riparare all’ennesimo disastro di Boeing ma c’è da sempre. L’anno scorso il Pentagono ha stipulato un contratto con SpaceX per il sistema Starshield, che monitorerà le minacce provenienti dall’intero pianeta dagli innumerevoli nemici dell’America. Questo è solo l’ultimo super-contratto d’appalto, infatti il Pentagono è da anni acquirente di altri prodotti dell’azienda di Musk, come i razzi Falcon 9, utilizzati per la messa in orbita di satelliti.
Ma per Musk non ci sono solo i contratti per gli appalti governativi, arrivano anche i sussidi governativi, cioè il denaro fresco che non serve a pagare servizi, bensì svolge la sacra funzione di assistere il ricco e di incoraggiarlo a far meglio. Secondo dati ufficiali riportati dal quotidiano “Los Angeles Times”, nel 2015 le aziende di Musk avevano già ricevuto dal governo sussidi per quasi cinque miliardi di dollari (per la precisione, 4,9 miliardi). Il bello è che da anni lo stesso Musk dalla sua piattaforma tuona contro i sussidi governativi riscossi dagli altri suoi colleghi, anche se prendono sussidi meno sostanziosi di quelli che riscuote lui. Evidentemente Musk quei sussidi li vuole tutti per sé. Del resto la recita del sedicente “liberismo” funziona così, perciò capitalismo e Stato sono soltanto nomi d’arte, oppure un medesimo attore che si sdoppia in due personaggi per compiere sempre la stessa azione, cioè privatizzare il denaro pubblico. Alcuni dicono che con una paghetta di cinque miliardi dal governo, qualsiasi cialtrone sarebbe capace di fare il fenomeno; ma sono i soliti invidiosi.
Pare proprio che in questo periodo nessuno possa far peggio della Boeing. In molti ancora pensano che il gioiello tecnologico della Boeing, il mitico elicottero “Apache”, sia il simbolo della potenza americana; eppure negli ultimi tempi gli “Apache” hanno mietuto vittime soprattutto tra i propri piloti, con una serie infinita di incidenti che si è intensificata nell’ultimo anno. Nel mese scorso è rimasto ucciso un istruttore per la caduta di un “Apache”. Ma nel mese di marzo scorso già si constatavano ben tre incidenti consecutivi allo stesso tipo di elicotteri.
SpaceX ha tenuto però a farci sapere che intende mettersi sulla buona strada per insidiare i fasti di Boeing nel creare disastri. In data 11 luglio di quest’anno è stato un razzo Falcon 9 a fallire il lancio di satelliti, mettendo in difficoltà la NASA, che, come un elettore qualsiasi, a questo punto tra Boeing e SpaceX è costretta a scegliere il “meno peggio”; come se veramente si potesse saperlo in anticipo.