Gli Stati Uniti sono certamente la più grande cleptocrazia della storia, un modello di riferimento per tutti gli altri paesi. Il sistema cleptocratico si è consolidato negli ultimi quarant’anni tramite i processi di deindustrializzazione e finanziarizzazione che hanno consentito alle oligarchie di sradicarsi da ogni contesto sociale e territoriale, diventando bolle autoreferenziali. Ciò ha reso superflua la mediazione politica, per cui i politici riescono a svolgere un ruolo soltanto se fanno parte di lobby d’affari, che sono trasversali al pubblico ed al privato, ed anche al legale e all’illegale. Le lobby d’affari comunicano con un registro imbonitorio e manipolatorio da televendita, quindi cercano di sfruttare simultaneamente tutte le pulsioni e le velleità del potenziale cliente. I popoli sono un po’ come degli schizofrenici dalle personalità multiple; cioè hanno propensioni culturali diverse che si sono succedute, dissociate e sovrapposte nel corso dei secoli. Il compito della politica dovrebbe essere quello di mediare, cercando di assecondare maggiormente quella personalità - quella tendenza culturale - che meglio corrisponda alle effettive possibilità di un dato momento. Le lobby d’affari invece non si pongono di questi problemi; anzi, dato che comunicano con una logica pubblicitaria, tendono ad attivare contemporaneamente tutte le pulsioni, anche le più contraddittorie. Per questo motivo oggi gli USA ci appaiono come un grande caso psichiatrico, nel quale le pulsioni imperiali, isolazioniste e palingenetiche (la “cancel culture”) si esprimono in una gigantesca cacofonia ed in una rissa permanente che spappola ogni mediazione politica.
Lo spettacolo sempre più squallido e cialtronesco offerto dagli Stati Uniti però può essere fuorviante, poiché rischia di sollecitare negli altri un illusorio senso di superiorità. Da certe schizofrenie invece nessuno è completamente immune. Vediamo oggi il Nord Italia affetto da
una febbre separatista e transalpina, all’inseguimento del sogno di aggregarsi ad una sorta di grande Baviera, cioè la macroregione dell’Eusalp (EU Strategy for Alpine region). Tutto ciò si è espresso nella legge sull’autonomia differenziata, che al di là della sua indeterminatezza di contenuti, ha il senso certo di santificare la disuguaglianza tra le regioni.
In Italia la gerarchia tra regioni settentrionali e regioni meridionali è sempre esistita, ma la retorica unitaria si incaricava di dissimulare questa gerarchizzazione interna poiché sarebbe andata a confliggere con la proiezione imperialistica esterna. Oggi invece vediamo la stessa Italietta che, mentre rimette in discussione l’unità del paese con gli stessi argomenti e pretesti di quelli che una volta venivano etichettati come “austriacanti”, poi va a recuperare strategie imperialistiche che sembrano ripescate dall’epoca di Francesco Crispi, come
il “mediterraneo allargato”. Il Mediterraneo diventa infatti un’opinione e può dilatarsi geograficamente fino all’Indo-Pacifico.
Non si tratta soltanto di elucubrazioni propagandistiche, dato che la Marina italiana sta partecipando con la sua portaerei “Cavour” ad un’esercitazione navale che coinvolge addirittura Australia e Giappone. Pare infatti che, a differenza della portaerei francese, la nostra funziona e sta persino a galla. Mentre dalla “De Gaulle” non decolla neanche un aeroplanino di carta,
dalla “Cavour” partono pure gli F-35. Come ciliegina sulla torta,
la “Amerigo Vespucci” ha organizzato il suo tour mondiale in modo da fare scalo alla fine di agosto a Tokyo, per combinare l’esercitazione navale con le pubbliche relazioni.
Alcuni spiegano questa nostra strana presenza nell’Indo-Pacifico col fatto che i soliti cattivissimi americani ce l’hanno imposto. Nei nostri ambienti politici e militari però non c’è rassegnazione, bensì euforia. Del resto gli americani sono quelli scappati da Saigon e Kabul aggrappati alle ali degli aerei, perciò spiegare tutto con un presunto timore nei loro confronti appare un po’ semplicistico. La NATO è certamente uno strumento della proiezione imperialistica degli USA; ma, almeno dagli anni ‘90 sotto il suo ombrello, si esprime tutta una serie di autonome velleità imperialistiche, o sub-imperialistiche, di altri paesi. Nel contesto dei vari revanscismi imperialistici non poteva mancare
l’Italietta pacioccona e patetica col faccione del nostro “ministrone” Crosetto, che usa la sponda della NATO per allargarsi il Mediterraneo ad libitum. Adesso vogliamo pure aprirci a colpi di navi e droni un bel corridoio marittimo verso il Mar Nero, anche se nessuno ci stava dando fastidio, quindi è un bullismo preventivo. La Guerra di Crimea cominciò nel 1853 e, ufficialmente, terminò nel 1856; ci partecipò anche il Piemonte risorgimentale. In realtà sembra che quella guerra non sia mai finita, ed anche l’Italietta vorrebbe disputare qualche altro round nel Mar Nero.
Visto quant’è largo il Mediterraneo (arriva almeno fino all’Isola di Pasqua) una sola portaerei non poteva bastarci. Prima o poi la portaerei “Garibaldi” dovrebbe essere pensionata, perciò ce n’è già
quasi pronta un’altra, la “Trieste”, per la quale si prevede la piena operatività entro la fine dell’estate. Stando così le cose, l’Italia alla fine dell’anno dovrebbe avere tre portaerei operative. Un po’ troppe per raccontarci che siamo le vittime dei protervi americani.
Non siamo solo noi a vivere di inesistenti glorie del passato, dato che l’attuale Polonia ha resuscitato un progetto del suo eroe nazionale, il generale Pilsudski; si tratta di quel polo imperiale alternativo alla Germania ed alla Russia detto
“Intermarium”. Anche altre tesi di Pilsudski vengono riciclate dagli attuali leader polacchi; come, ad esempio,
la “decolonizzazione” della Russia, accusata di soggiogare tuttora tanti popoli asiatici. Tutto vero, ma anche la Polonia di Pilsudski, emersa dalla prima guerra mondiale, inglobava al suo interno più di un terzo di popolazione non polacca. Ma, si sa, l’imperialismo è solo quello degli altri, mentre il nostro imperialismo lo chiamiamo “legittimi interessi”.
Attualmente la NATO ha il comportamento irresponsabile ed il linguaggio insolente di una baby gang; da alleanza pseudo-difensiva, la NATO negli anni ’90 era diventata sfacciatamente offensiva, per poi qualificarsi come una centrale di provocazione globale, per cui ora si è messa a molestare anche la Cina. L’incongruenza sta nel fatto che si incentiva costantemente il business delle armi, senza però più possedere il potenziale industriale per reggere un confronto militare con una vera potenza. La Svezia sta esprimendo appieno questa
sintesi tra cleptocrazia militare e baby-imperialismo ludico e velleitario. Ciò spiega la smania dell’oligarchia svedese di aderire ufficialmente alla NATO, con la quale peraltro si era già integrata da almeno trent’anni. La Svezia fu scacciata dalle sue colonie baltiche da Pietro il Grande e adesso ci sarebbe la possibilità di regolare i conti con lo zar in carica. Pare che sia in atto lo scongelamento dell’Artico e quindi bisogna metterci le mani prima che lo facciano i russi; o almeno questo è il pretesto, poiché per le lobby d’affari non è mai chiara la distinzione tra strategia e spot pubblicitario.