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CHI PAGA IL CONTO QUANDO IL POTENTE FA IL DEMENTE
Di comidad (del 06/06/2024 @ 00:05:32, in Commentario 2024, linkato 7311 volte)
Purtroppo noi italiani ci facciamo sempre riconoscere. Tutte le altre democrazie occidentali vibrano di ardori guerrieri, concedono a Kiev di usare le armi atlantiche per colpire il suolo russo, parlano persino di inviare truppe sul terreno; qui da noi invece la Meloni invita alla prudenza, Tajani dice che non siamo in guerra con la Russia, Salvini canta “Blowin’ in the wind” e si mette addirittura a insultare Macron e Stoltenberg. Insomma, una sguaiata esibizione della propria strizza, e giustamente il professor Parsi se ne indigna sulle colonne del “Foglio”. Comunque Parsi non deve disperare: dopo le elezioni europee, una volta passato il rischio di regalare voti alle opposizioni, vedrà che i leader del governo di destra torneranno alla piena disciplina atlantica; anche perché nelle cose importanti il governo conta poco ed il Consiglio Supremo di Difesa è presieduto da Mattarella, al quale Crosetto deve rispondere.
A smentire le volgarità di Salvini c’è nientemeno la parola di Putin in persona, che in una conferenza stampa ha dichiarato di aver incontrato Stoltenberg quando questi era nel governo norvegese, per risolvere con lui questioni inerenti al Mare di Barents; ebbene, a detta di Putin, in quegli incontri Stoltenberg non gli aveva mai dato l’impressione di soffrire di demenza. Se non è un demente Stoltenberg, si potrebbe legittimamente arguire che a dispetto dell'evidenza non lo sia neppure Macron; perciò possiamo dormire sonni tranquilli.
Bisogna quindi smetterla una buona volta con questo malvezzo di mettere in dubbio la sanità mentale dei nostri leader. Anche nei confronti del presidente argentino Javier Milei sono circolate calunnie del genere, tanto che si è arrivati a chiamarlo “el loco”, il pazzo. Fortunatamente il Fondo Monetario Internazionale si è incaricato di rimediare a questa pioggia di sospettosa malevolenza, pubblicando un rapporto molto lusinghiero nei confronti dei risultati dei suoi primi mesi di governo. Il rapporto FMI ha avuto molta risonanza sui media ed ha avallato le ricette economiche liberiste. Ovviamente non potevano mancare i soliti incontentabili “precisini” che hanno osservato che nel rapporto FMI non c’è una sola affermazione circostanziata, che si tratta esclusivamente di generiche sviolinate senza pezze d’appoggio. In particolare risulta fumoso il paragrafo sulla politica fiscale, in cui si cantano lodi, ma non ci si dice mai dove Milei sta prendendo i soldi.

Il liberalismo non è una dottrina che brilla per concretezza; anzi pare un po’ ingenua l’idea di una separazione tra i poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario); il potere infatti se ne frega di tutte le separazioni e distinzioni giuridiche, e tende ad essere trasversale alle istituzioni, al pubblico ed al privato, e persino al legale ed all’illegale. Il conflitto di interessi (ma sarebbe meglio dire l’intreccio di interessi pubblici e privati) è ciò che conferisce incisività, sostanza e vischiosità al potere, dandogli le occasioni per fare cordate d’affari. Negli USA le commistioni e le porte girevoli tra il congresso, le agenzie federali e le multinazionali sono ad un livello irraggiungibile per qualsiasi altro paese; però anche nella nostra umile Italietta ci diamo da fare. A Leonardo ex Finmeccanica si sono succeduti due presidenti provenienti dalla direzione dei servizi segreti; ora invece alla presidenza di Leonardo c’è un ex ambasciatore. Lo Stato è una finzione giuridica ed un’etichetta solenne con cui indicare regimi o sordidi sistemi di potere; ma oggi la statualità non c’è più nemmeno come narrazione, perciò la porta girevole tra carriere pubbliche e private non soltanto non delegittima un funzionario dello Stato, ma addirittura gli conferisce prestigio personale ed un alone di competenza.
A differenza del vaniloquente neoliberalismo attuale, il liberalismo classico di Montesquieu e di Locke riusciva almeno ad esprimere un concetto concreto, e cioè che politica e fisco sono due nomi diversi per la stessa cosa; infatti i parlamenti dovevano servire appunto a questo, a limitare il potere del re di tassare i proprietari.
Nessuno oserebbe tassare le multinazionali, tantomeno Milei, che va a scodinzolare da Zuckerberg e dagli altri potenti; perciò puoi tassare solo i poveri, con lo strumento più rapido e sicuro, quello delle imposte indirette. Milei ha aumentato le tasse sui carburanti, tanto che in pochi mesi il prezzo è più che raddoppiato, siamo già al 115%. Quando i poveri devono comprare benzina o nafta non hanno la possibilità di scaricare su nessuno il maggior costo, perciò alla fine è il prelievo sul reddito dei poveri a reggere il sistema. Il bello è che, in base alla narrativa mediatica, la destra sarebbe anti-tasse mentre la sinistra è pro tasse; ma è tutto giocato sull’equivoco di indicare come “tasse” solo quelle dirette, dimenticandosi dell’IVA e delle accise, cioè le tasse che pagano solo i poveri, visto che sono l’ultimo anello della catena e non possono rivalersi scaricando il costo su altri.
Tutta la fiaba liberista a questo si riduce: spostare il carico fiscale dai ricchi ai poveri tramite le imposte indirette. La stessa cosa che ha fatto la Thatcher in Gran Bretagna, come risulta dalla documentazione reperibile sul sito della Fondazione Thatcher.
Ovviamente la sedicente “sinistra” si presta all’equivoco e partecipa alla pantomima. C’era pure il ministro Padoa Schioppa (lo stesso che voleva rieducarci alla “durezza del vivere”), il quale diceva che le tasse sono bellissime e bisogna pagarle con gioia. Certo, perché si può tagliare all’infinito sulla sanità pubblica, ma ci deve pur essere qualcuno che paga per le armi da inviare in Ucraina. C’è un nucleo arcano e misterico della scienza economica, quel segreto innominabile che viene rivelato solo a pochi iniziati, ed è appunto lo sfruttamento fiscale dei poveri; il che, detto in linguaggio ancora più tecnico e criptico, significa che alla fine ci sono sempre i fessi che pagano. Ed è giusto così, altrimenti i potenti non potrebbero permettersi il lusso della propria demenza.