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MAI SOTTOVALUTARE LA CIALTRONERIA DEL POTERE
Di comidad (del 07/12/2023 @ 00:08:35, in Commentario 2023, linkato 8888 volte)
Sarebbe un gravissimo errore sottovalutare la funzione della cialtroneria nella gestione concreta del potere. Occorre riconoscere l’importanza per il sistema di recite a soggetto come quelle del nostro ministro della Difesa. Il vittimismo preventivo della destra nei confronti delle presunte “toghe rosse” è appunto pura cialtroneria, cioè non ha un fondamento oggettivo. Se c’è stato invece un caso in cui un’inchiesta giudiziaria ha contribuito alla caduta di un governo, ciò accadde nel 2008, quando Clemente Mastella, ministro della Giustizia del secondo governo Prodi, fu incriminato insieme con la moglie, la quale venne anche sottoposta dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere a misure cautelari.
Le buffonate e gli psicodrammi di Guido Crosetto servono però ad alimentare il mito delle Procure anti-establishment, per cui se si vuole essere di sinistra occorrerebbe coltivare la magistratolatria. Oggi infatti le sinistre “antagoniste” si cercano sempre come leader qualche ex magistrato. Dal “falce e martello” al “forca e martello”. Risulta molto più facile credere al sentito dire che all’evidenza, e forse un etologo direbbe che nella specie umana l’istinto imitativo prevale su quello esplorativo. Fatto sta che ci si dimentica quanto sia stato decisivo il ricatto giudiziario nella distruzione dei diritti del lavoro. Il pur timido tentativo della CGIL di Sergio Cofferati di opporsi all’ulteriore precarizzazione del lavoro da parte del governo di centrodestra fu stroncato immediatamente col clima di sospetto di connivenza col terrorismo in seguito all’assassinio di Marco Biagi. A distanza di anni il ministro del Lavoro Sacconi poteva ancora farsi forte del ricatto giudiziario e dell’accusa di contiguità col terrorismo per intimidire la CGIL; la quale ovviamente si lasciava intimidire. L’Italia è l’unico paese al mondo in cui l’oligarchia non deve spendere un soldo per corrompere i sindacalisti, visto che basta il ricatto giudiziario per tenerli sotto. Alla corruzione venale supplisce così la corruzione del politicamente corretto, per cui il sindacato da strumento di difesa del lavoro degenera in organo “educativo” dei lavoratori; e dall’educazione alla tutela morale, alla funzione poliziesca è tutta strada in discesa. Non c’è quindi da sorprendersi del fatto che garanzie sociali come il salario minimo ed il sussidio di disoccupazione, date per scontate altrove, in Italia siano diventate impossibili.
Nel caso in cui non vi sia alcuna pezza d’appoggio per sostenere complicità col terrorismo, si può far ricorso ad un moralismo ancora più generico. La Procura di Piacenza ha messo su un’inchiesta giudiziaria fumosa contro dei sindacalisti di base, accusati di essere mossi da losche ambizioni personali e persino di esasperare datori di lavoro e multinazionali con richieste eccessive. Poco ci manca che si pretenda dai sindacalisti una certificazione di integrità morale rilasciata dallo Spirito Santo in persona. La prosa della Procura di Piacenza dimostra che il potere del denaro non sta soltanto nella ricerca del guadagno e del profitto, bensì nella suggestione e nell’alone morale che può creare: i ricchi sono i buoni ed i poveri sono i cattivi; perciò le multinazionali diventano le vittime inermi di malvagi sindacalisti di base, colpevoli di sgomitare per farsi spazio. Queste assurde inchieste giudiziarie possono anche sgonfiarsi per strada, ma il loro effetto intimidatorio permane. D’altra parte l’organicità della magistratura ai settori più reazionari dell’establishment non può nemmeno essere dichiarata in modo troppo esplicito, neppure negli ambienti della “sinistra radicale”, altrimenti in base al politicamente corretto si rischia di essere considerati “di destra”.

La povertà non è un “problema” ma una componente essenziale del processo di gerarchizzazione sociale, perciò il livello di reddito è un discrimine tra le classi ed ogni aumento salariale viene percepito come sovversione. Nella società industriale la forza delle concentrazioni operaie metteva in discussione la gerarchia sociale, perciò ora nella classe dominante è diventata egemone la lobby dei creditori, che è interessata alla deindustrializzazione ed alla deflazione in modo da preservare il valore dei crediti e, di conseguenza, la povertà. Questi dati non sono meramente economici o ideologici, bensì schemi comportamentali di riproduzione dei rapporti sociali, e l’oligarchia italica li persegue con un’avarizia ed un’ottusità che non hanno eguali nel cosiddetto mondo occidentale. Il denaro non è solo denaro, il suo potere va anche oltre l’aspetto ideologico, cioè investe anche il comportamento inconsapevole. Anche chi non si lascerebbe comprare, spesso però si lascia suggestionare dal fascino del denaro. Il movimento di soldi crea invariabilmente magiche attese di “magnifiche sorti e progressive”, e chi si oppone diventa un impedimento alla discesa del paradiso in terra. C’è da notare che persino il giro d’affari legato al “buco” in Val di Susa ha trovato nelle presunte “toghe rosse” un alleato importante. Nel 2012 il Procuratore Giancarlo Caselli definì il movimento “No-Tav” un laboratorio della violenza e, tanto per cambiare, reagì alle critiche col consueto vittimismo, per cui il potente si lamenta che i deboli vogliano zittirlo.
Ad onta del vittimismo di Crosetto e soci, le coperture giudiziarie non sono mai mancate alla destra quando le magagne da coprire erano davvero serie. Il presidente leghista della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha potuto recitare il ruolo della vittima grazie ad una ridicola inchiesta giudiziaria legata ad una questione di camici; ma l’ha passata liscia per la strage avvenuta in seguito al ricovero dei malati di Covid nelle strutture per anziani. Dopo aver combinato questo poco, la Lega può concedersi persino il piedistallo del giudice delle magagne altrui istituendo la Commissione parlamentare di indagine sulla gestione del Covid. Esiste un potere globale, composto dai grandi fondi di investimento, dalle multinazionali e dalle loro fondazioni filantropiche “non profit”, e poi dalle istituzioni sovranazionali, come il FMI, la NATO e l’OMS. Ma il potere non è in grado di funzionare per “emanazione”, per pura trasmissione degli ordini dall’alto verso il basso. C’è bisogno di chi fa il lavoro sporco sul campo, prende iniziative e inventa “soluzioni”, crea il fatto compiuto, anzi il “fattaccio” compiuto, visto che in Lombardia bisognava aumentare il numero di morti per giustificare le misure restrittive delle libertà personali. L’emergenzialismo è una macchina che produce gerarchie e soldi, ma il suo motore principale non è il mitico “capitale”, bensì il prosaico denaro pubblico; del resto anche i valori di Borsa sono bolle fittizie che poi devono essere riempite con sussidi governativi e sgravi fiscali, cioè assistenzialismo per ricchi. Un’emergenza, tanto più se fasulla, però non la si confeziona a tavolino e le psicopandemie sarebbero rimaste sogni nel cassetto del buon Bill Gates senza le “trovate” e senza il gangsterismo, zelante quanto creativo, prima di Attilio Fontana e poi di Roberto Speranza. Il potere non è ordine, ed un emergenzialismo non funziona per semplice disciplina imposta dall’alto, bensì per competizione dal basso, perciò c’è spazio per tutta una serie di ostilità nelle quali non si disputano scelte diverse ma soltanto posizioni di primato personale. Ciò che da un punto di vista esterno è una pantomima, poiché il risultato pratico non cambia, per i contendenti è invece una questione vitale; da qui l’immedesimazione, da metodo Stanislavskij, nel gioco delle parti tra destra e “sinistra”, e tra politica e magistratura.
L’emergenzialismo funziona se produce gerarchizzazione sociale, cioè competizione dal basso per la leadership, con la gara di allarmismo per scavalcarsi a vicenda. Diventa una corsa allo zelo emergenziale, ad esibire la capacità di coinvolgere e “gasare” l’opinione pubblica; magari offrendo ai facinorosi l’euforia di far da poliziotti nei confronti degli altri. In questo campo la bistrattata Italietta ha dimostrato di essere all’avanguardia. Non soltanto siamo stati i primi in Occidente ad inventarci la psicopandemia, ma siamo stati gli unici ad imporre il green pass per poter lavorare; e addirittura abbiamo partorito un ossimorico “obbligo di consenso vaccinale”, per cui il vaccino era obbligatorio ma la liberatoria occorreva firmarla lo stesso. Anche l’opinione pubblica ha svolto un ruolo non da poco, ed ora in Italia non ci sono soltanto i nostalgici del Duce, ma persino i nostalgici del Covid.