Amintore Fanfani, più volte Presidente del Consiglio e segretario DC durante il referendum sul divorzio, era solito vantarsi di aver svolto un ruolo determinante nella crisi dei missili di Cuba del 1962. Per questo motivo molti giornalisti, a cominciare da Giorgio Bocca, lo sfottevano senza ritegno; eppure Fanfani non diceva una cosa del tutto infondata. Durante la crisi dei missili del ’62 si svolse infatti una trattativa tra USA ed URSS, e nel “do ut des” rientrò anche il ritiro dei
missili statunitensi “Jupiter”, installati in parte in Turchia ed in parte in Italia.
I missili a testata nucleare “Jupiter” erano collocati nelle Murge, in varie basi tra la Basilicata e la Puglia. Una decina di anni fa si occupò della vicenda anche il programma di Giovanni Minoli
“La Storia siamo noi”. Per onorare il titolo della serie televisiva, nel documentario sui missili si dava spazio alle reazioni naif degli abitanti delle Murge, ma era evidente che in quel caso la Storia era passata completamente sopra le loro teste. Rispetto alla situazione attuale il caso degli “Jupiter” presenta sia aspetti di discontinuità, sia di continuità. Di diverso rispetto ad oggi vi furono l’entusiasmo e la prontezza con cui nel 1962 il governo Fanfani colse al volo l’occasione per liberarsi di quei missili nucleari. La continuità sta invece nel fatto che le informazioni determinanti di carattere militare, anche se ufficialmente non segretate, sono però sistematicamente taciute al pubblico, perciò anche quando il mainstream a distanza di molti anni se ne occupa, lo fa sempre nell’ambito di “nicchie” informative.
Un quotidiano mainstream come
“il Messaggero” ci fa sapere con tutta tranquillità che non si sa quante siano effettivamente le basi militari USA e NATO in Italia, e neppure quante testate nucleari sono state nuovamente dislocate sul territorio italiano dopo la breve vacanza seguita alla smobilitazione degli “Jupiter”. Quando si tratta di questioni militari, la democrazia, lo Stato di Diritto, la libertà di espressione, eccetera, consistono nel diventare uno “youtuber” tifoso della NATO (ce ne sono una pletora).
Il problema è che il militarismo è pervasivo, perciò di chimere come la democrazia, la libertà, lo Stato di Diritto, alla fine rimane solo l’immaginetta, il santino da venerare per gli incalliti feticisti della Costituzione.
Nel 2013 il Presidente Giorgio Napolitano sbatté in faccia al parlamento la dura realtà, e cioè che la questione dei caccia F-35 era di esclusiva competenza del Consiglio Supremo di Difesa, cioè del governo e del Presidente della Repubblica che, incidentalmente, è anche il Capo delle Forze Armate, proprio come il re.
Il Presidente Napolitano, nel redarguire i parlamentari che si erano montati la testa, però si guardò bene dal dire loro tutta la verità. Nel 2013 infatti Leonardo Finmeccanica, la SPA partecipata dal governo italiano al 30% e per il resto dalle solite multinazionali finanziarie, era già dentro l’affare degli F-35, occupandosi di produrre parti del caccia. Nel corso degli anni questa collaborazione tra la ex Finmeccanica e Lockheed Martin si è andata persino sviluppando per cui esiste
una produzione italiana del caccia F-35. Oggi la notizia può circolare un po’ di più, ma nel 2013 si era praticamente all’oscuro del fatto che gli F-35 fossero anche “cosa nostra”.
Da brava multinazionale delle armi, la nostra Leonardo Finmeccanica ha dimostrato di sapere stare al mondo. Intanto fa
lobbying a spese del contribuente, con quegli strumenti di evasione fiscale legalizzata che sono le fondazioni. Chissà perché, Leonardo Finmeccanica ha un’attrazione fatale per agenti segreti e poliziotti, ed anche tra i politici preferisce quelli che hanno relazioni ed esperienze in quell’ambiente. A capo della fondazione che fa lobbying camuffato da “consulenza” per il governo, infatti ci ha messo l’ex ministro degli Interni Marco Minniti.
Una scoperta dell’acqua calda che ogni tanto andrebbe riportata all’attenzione, è che le armi sono una miniera di soldi, quindi ostacolare gli affari non è igienico; perciò, quando ti impongono armi e vaccini stanno solo tutelando il tuo diritto alla salute, che metti inutilmente a rischio se fai troppe domande. Per farsi una vaga idea del giro di soldi in ballo, si può ricordare che anni fa la multinazionale Lockheed Martin fece la promessina di cercare di
abbassare il costo di un‘ora di volo degli F-35 a “soli” trentamila dollari. Non ci è ancora riuscita; in compenso Lockheed Martin ultimamente ha promesso di abbassare il costo ulteriormente; ovviamente forse, vedremo, un giorno, chissà.
Oggi il Sacro Occidente sembrerebbe prospettarci un “militarmente corretto”, con tanto di femminilizzazione e transgenderizzazione degli eserciti; salvo poi non farsi scrupoli di appaltare la guerra contro Assad ai jihadisti e la guerra contro Putin ai nazi-banderisti. Secondo Pierluigi Bersani il politicamente corretto sarebbe una pulizia del linguaggio che dovrebbe salvarci dalla rissa da bar. Questa è in effetti, secondo l’enciclopedia Treccani,
l’accezione originaria dell’espressione “politicamente corretto”, che è di origine statunitense. Se così fosse, il politicorretto sarebbe il benvenuto; ma così non è.
Nella circostanza citata da Bersani, non si è fatto cortesemente notare al generale Vannacci che il babau della “normalità” può essere facilmente ritorto contro di lui ed i suoi commilitoni, bensì lo si è rimosso dall’incarico scavalcando garanzie e procedure, solo in base ad un resoconto giornalistico. Il politicamente corretto si rivela perciò una tecnica mafiosa con cui si “mostrifica” e si isola un bersaglio, e nella quale i giornalisti svolgono la funzione dei “picciotti”. Il politicamente corretto è usato anche dai fascisti, e infatti li abbiamo visti compatti, dai ministri agli ultimi youtuber, tutti a legittimare il 41bis contro Alfredo Cospito. Non si era riusciti a contestare a Cospito non solo l’associazione mafiosa ma neppure una semplice associazione a delinquere che giustificasse il regime carcerario speciale, per cui si è fatto ricorso al pretesto politicorretto del possibile “contagio” delle sue frasi scandalose; quindi il 41bis come “quarantena” sanitaria contro le opinioni malate. L’esito del discorso di Bersani sembrerebbe quello di una società idilliaca, in cui tutti prudentemente parlino solo con citazioni dai discorsi di Mattarella. Ma neppure questo sazierebbe il politicorretto, e vedremmo l’inquisizione a ispezionare le virgole e le inflessioni di voce, poiché un sistema drogato di emergenzialismo ha bisogno del mostro, del capro espiatorio, per giustificare il suo caos.
Il politicamente corretto ha colonizzato anche l’antimilitarismo, riducendolo ad una sorta di innocuo animabellismo: come sarebbe bello fare un mondo senza guerre e senza armi, peccato che c’è sempre un nuovo Hitler a disturbare. L’antimilitarismo però non è un’aspirazione, bensì una finestra sul sistema di potere, sul suo effettivo modo di funzionare. Magari il generale Vannacci si era immaginato un militarismo puro e duro, finalizzato solo ad ammazzare i nemici, per poi scoprire che i proiettili ad uranio impoverito della NATO ammazzavano i nostri soldati. Ognuno può sognarsi un suo militarismo ideale, ma il militarismo reale funziona come un catalizzatore per ogni genere di criminali, dai violenti, come teppisti, sadici, stupratori, assassini seriali, che non vedono l’ora di indossare una divisa per lavorare indisturbati; poi ci sono i gestori di racket, sino a salire ai colletti bianchi che fanno i piccoli e i grandi affari. Non ci si fa mancare nulla. Il militarismo è un richiamo della foresta: criminali di tutte le categorie, unitevi. Lo schema di penetrazione dell’imperialismo americano è sempre stato quello di mettere basi militari ed anche di occuparsi dell’addestramento delle forze armate locali. In tal modo si possono attrarre tutti i criminali del posto, per i quali le basi militari sono una pacchia: occorrono i terreni per costruirle quindi ci vuole una mafia per costringere i contadini a cederli; poi c’è quella gallina dalle uova d’oro che è il segreto militare, perciò è possibile ogni genere di contrabbando, dalle merci comuni, alla droga, agli organi umani; come nel
grande hub militare-criminale di Bondsteel in Kosovo. Il militarismo è quindi l’ossatura di un grande edificio criminale, che si radica in basso e si ramifica a livello sovranazionale e multinazionale. Se al governo di un paese capitasse qualche persona per bene (tutto è possibile a questo mondo), qualsiasi colonizzatore avrebbe già pronte a disposizione le relazioni criminali utili ad eliminare facilmente l’intruso.