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LA GRANDE GERMANIA È UNA FAKE NEWS FABBRICATA IN ITALIA
Di comidad (del 31/08/2023 @ 00:13:42, in Commentario 2023, linkato 8274 volte)
Per lasciare qualche traccia della sua esistenza ai posteri, il povero Cancelliere Olaf Scholz si è inventato la proposta di rimandare agli anni prossimi l’obbiettivo di portare le spese militari al 2% del PIL. La nostra Elly Schlein ha dichiarato di volersi allineare a questa audace proposta; per aggiungere ridicolo al ridicolo, non potevano mancare le accuse e le recriminazioni contro la Schlein, che si sarebbe accodata al populismo 5 Stelle, rinunciando ad un mitologico “riformismo” (?), e persino tradendo l’Ucraina. Ovviamente si tratta del solito talk show, dato che l’espressione “2% del PIL” indica una mera convenzione contabile che non serve a quantificare la spesa reale in armamenti, che deve essere dettagliata in acquisti effettivi e nella partecipazione di aziende nazionali a nuovi progetti d’arma. Per rimanere ai fatti, si deve riscontrare che nello scorso anno il governo tedesco ha obbedito a tutte le pressioni per l’invio di armi all’Ucraina, ed in più ha stanziato cento miliardi per ricostituire le proprie scorte di armamenti.
Andando più nel dettaglio, in termini di spese militari Scholz non si è fatto mancare nulla; anzi, si potrebbe dire che la sua principale preoccupazione è stata quella di non scontentare nessuno. Nello scorso anno ha riconfermato l’accordo per l’acquisto dei caccia F-35, in modo da compiacere Lockheed Martin e gli USA. Gli F-35 dovrebbero essere operativi in Germania dal 2026 per affiancarsi ai caccia Eurofighter comprati nel 2020, in modo da sostituire finalmente i vecchi “Tornado”. I caccia “Tornado” ormai hanno superato l’età critica dei quarant’anni e quindi potranno essere rifilati al proxy warrior di turno, come si fa oggi con gli F-16, che sono addirittura roba di cinquant’anni fa. Il governo di Parigi temeva che l’arrivo degli F-35 a Berlino comportasse un ritiro tedesco dal progetto di un caccia europeo gestito da una cordata guidata dall’azienda Airbus. Scholz ha invece rassicurato tutti: nonostante l’acquisto degli F-35, il caccia ispano-franco-tedesco FCAS si farà comunque, infatti nello scorso dicembre c’è stata la ratifica definitiva del contratto di costruzione.
Già in fasce, il progetto FCAS promette molto bene, infatti minaccia di costare più degli F-35. Meno male che c’è in gestazione anche il caccia italo-britannico-giapponese “Tempest” che potrebbe sforare quei preventivi di spesa. Occorre quindi accertare in quali acquisti e progetti si è invischiati; ad esempio: la nostra Leonardo Finmeccanica è coinvolta contemporaneamente nella produzione sia degli F-35, sia dei “Tempest”. Le percentuali del PIL sono fumo per chiacchiere parlamentari e le spese militari effettive possono essere tranquillamente dissimulate in altri capitoli del bilancio, come è successo per la costruzione della base NATO di Licola in Campania, finanziata con fondi FAS per lo sviluppo regionale.
Il 7 febbraio del 2022, in una conferenza stampa congiunta con Scholz, Biden annunciò che, in caso di invasione russa dell’Ucraina, il gasdotto russo-tedesco North Stream sarebbe “saltato”. Il governo tedesco ha aspettato con dignitosa fermezza che l’attentato si compisse, senza fare nulla per impedirlo; anzi, secondo alcuni Scholz l’ha addirittura accelerato con la decisione del 22 febbraio 2022 di sospendere l’operatività della nuova creatura degli affari russo- tedeschi, il gasdotto North Stream 2. A causa di quella sospensione infatti Gazprom non ha avuto più nessun asso in mano per comprarsi i generali e impedire all’esercito di procedere all’invasione, che infatti avvenne due giorni dopo.
In compenso il governo tedesco, parallelamente alla magistratura, ha aperto un’inchiesta sul sabotaggio; un’indagine che per serietà e rigore teutonico farebbe sfigurare persino l’ispettore Derrick. Il colpevole infatti è stato scovato tempestivamente e, guarda la combinazione, è proprio lo stesso colpevole indicato dalla stampa mainstream statunitense, cioè gli ucraini. C’è stata delusione in Italia per questa scoperta, dato che la Gruber, la rivista “Limes” e tanti altri si erano affezionati alla pista dell’auto-attentato russo. I soliti disfattisti hanno fatto notare che anche gli ucraini sono al di sotto del sospetto, visto che non dispongono di mezzi tecnici, e neppure di agganci internazionali, per un’operazione così complicata a quelle profondità del Mar Baltico. Ma il governo e i giudici tedeschi non si fanno fuorviare dai complottisti e preferiscono affidarsi alle fonti accreditate in quel di Washington.

Qualcuno si stupisce del fatto che la Germania, considerata sino a qualche tempo fa il rottweiler d’Europa, si sia rivelata una banda di quaquaraquà, del tutto incapace di opporsi alla deindustrializzazione imposta da quei grandi strateghi di Washington, che, per evitare l’integrazione economica tra Russia ed Europa, hanno spinto all’integrazione economico-militare tra Russia e Cina. Ma per stabilire se qualcuno sia realmente un rottweiler, occorrerebbe vedere che zanne ha. Il potere di coercizione della Germania sull’Europa, ed in particolare sulla scapestrata Italietta, è stato sempre nullo, visto che l’euro avvantaggia le esportazioni tedesche e non quelle degli altri paesi. Il problema è che lo sviluppo industriale non sempre conviene alla lobby dei creditori, poiché rischia di svalutare il cambio di una moneta e, di conseguenza, anche il valore dei crediti. Non per niente allo scopo esistono le banche centrali che, per tutelare i creditori, all’occorrenza stringono il credito e fanno mancare ossigeno all’economia. Occorre tenere conto anche che l’imperialismo è una strada a due sensi, e ci sono paesi che ne usano altri come sponda, come fittizio “vincolo esterno” che serve da alibi per imporre sacrifici all’interno, in modo da fare interessi di lobby nostrane all’ombra di qualche esattore straniero. Magari si scopre che la grande Germania è stata una fake news fabbricata dall’Italietta, che in fatto di avarizia non ha mai avuto nulla da imparare da nessuno, semmai da insegnare agli altri. Dare per scontato che europeismo e atlantismo siano stati esclusivamente imposizioni esterne, significa non voler vedere che l’oligarchia italica ha sempre usato il pauperismo come strumento della sua guerra di classe.
Olaf Scholz ha incontrato la sventura di succedere ad Angela Merkel, certamente la leader più pompata dai media dai tempi della Thatcher. Il suo mito si è avvalso anche delle italiche manipolazioni, al punto che nel 2011 la rimozione del Buffone di Arcore, e la sua sostituzione con Mario Monti, vennero attribuite alle pressioni di Berlino in seguito alla famosa crisi dello spread. In realtà il nome di Mario Monti come capo di un governo “tecnico” circolava in Italia almeno dal 2010, più di un anno prima dell’emergenza spread e delle risatine nella conferenza stampa di Sarkozy e della Merkel. Il 2 agosto del 2010, in un’insignificante manifestazione locale del PD, l’irrilevante parlamentare europea Debora Serracchiani parlava già di un prossimo governo “tecnico” a guida Monti. Non c’era quindi nulla di segreto. Per prevenire quella prospettiva, il governo del Buffone dal 2010 aveva già inaugurato l’austerità “hard”, con il blocco degli stipendi e del turn-over nel Pubblico Impiego; l’anno successivo il governo del Buffone chiese ed ottenne addirittura il monitoraggio da parte del Fondo Monetario Internazionale, con tanto di ispezioni periodiche. Con o senza Monti, l’austerità ci sarebbe stata comunque. Lo spread era soltanto il fondale di una scenografia, mentre l’azione riguardava le prove tecniche di presidenzialismo all’italiana.
Tra il 2010 ed il 2011 Giorgio Napolitano stabilì la subordinazione del governo al volere del Presidente della Repubblica, e l’immagine della Merkel ci fu venduta come quel potere esterno che aveva spinto per il colpo di Stato. La mistificazione venne alimentata dai continui pellegrinaggi dei nostri Presidenti del Consiglio a Berlino per impetrare la grazia dalla Merkel. L’ego della Cancelliera venne ulteriormente gonfiato nel 2010 dal successore di Napolitano, Sergio Mattarella, il quale pose il veto alla nomina di Paolo Savona al ministero dell’Economia. La diversione fu rappresentata in modo talmente efficace che nel maggio del 2018 il leader della sinistra francese Mélenchon pubblicò un intervento in cui ironicamente parlava delle difficoltà di Berlino a formare il governo in Italia. Rovesciando il consueto modo di dire, si guardava la luna, mentre l’importante in quel caso era il dito, cioè il fatto che in Italia il governo non dipende più dalla fiducia del parlamento, bensì da quella del Presidente della Repubblica, dal quale dipende anche l’atteggiamento dei media.