\\ Home Page : Articolo : Stampa
LA CHIAMANO MIGRAZIONE MA È INCLUSIONE FINANZIARIA
Di comidad (del 27/04/2023 @ 00:11:36, in Commentario 2023, linkato 7803 volte)
Il cosiddetto “sovranismo” si era presentato (o spacciato) come tentativo di unire il tema sociale a quello “identitario”. In questi anni abbiamo invece constatato che non solo la sintesi non è riuscita, ma che soprattutto il tema identitario è sempre stato un fattore di disturbo nella comunicazione e di falsificazione dei dati. Nel caso della migrazione la funzione mistificatoria svolta dal tema identitario è stata particolarmente efficace, visto che in questo argomento non si riesce a sfuggire allo schema da talk show, per cui occorre per forza dividersi tra “difensori dei confini” da una parte e “accoglienti” dall’altra. Nei talk show la gara sta nel vedere chi riesce per primo ad occupare il piedistallo morale da cui poter giudicare gli altri, in modo che la notizia concreta sia tenuta accuratamente fuori; e quando si parla di notizia concreta, ci si sta riferendo agli stessi dati ufficiali, che sistematicamente non pervengono al livello della comunicazione mainstream.
Quando un ministro richiama la questione migratoria evocando il fantasma della “sostituzione etnica”, il moralismo da talk show prescrive di circoscrivere la discussione allo stabilire se si tratti di razzismo o meno. Non sia mai che ci si chieda se i dati ufficiali confermino o smentiscano tale ipotesi di “sostituzione”. In base a ciò che ci fa sapere il sito della Banca d’Italia, non solo questa sostituzione etnica non c’è, ma la realtà è esattamente l’opposto; cioè il business finanziario che si è costruito sullo sfruttamento del fenomeno migratorio, si basa sulle provvigioni a carico delle rimesse dei migranti ai loro luoghi di origine. Ogni anno i migranti spediscono verso le loro famiglie rimaste in patria un flusso di denaro di centinaia di miliardi di dollari. I poveri sono poveri, ma sono tantissimi, perciò, se si succhiano un po’ di soldini a miliardi di poveri, se ne ricava un bel gruzzoletto.
Il meccanismo delle rimesse è il fondamento di tutto il fenomeno migratorio, dato che i migranti percepiscono salari bassissimi, che possono diventare minimamente remunerativi solo attraverso il cambio tra una moneta forte ed una moneta debole, aumentando così il potere d’acquisto. Nei loro sogni più spinti certamente le multinazionali del credito desidererebbero un mondo in cui tutti fossero migranti ed i debiti facessero da unico regolatore sociale. Ciò però non è tecnicamente possibile, poiché l’edificio migratorio può reggersi solo se c'è il fattore del cambio tra moneta forte e moneta debole.
Il capitalismo lucra molto sul proprio mito, che suggestiona persino i critici del capitalismo stesso. Ad esempio, si è trattata spesso la questione dei privilegi dei concessionari balneari in base allo schema del conflitto tra un capitale parassitario ed arretrato ed un capitale più progressivo ed avanzato. In realtà acquisire una rendita di posizione e sfruttarla parassitariamente è alla base di qualsiasi espressione rampante del capitalismo. La migrazione di massa rappresenta un meccanismo di forzata “inclusione finanziaria” delle masse povere del mondo e non c’entra nulla con la sostituzione etnica; anzi, se cessasse il legame del migrante con la madrepatria, non ci sarebbero più le rimesse e quindi finirebbe il business per le banche. Una locuzione politicamente corretta come “inclusione finanziaria” offre una rappresentazione idilliaca e rassicurante dei meccanismi costrittivi con i quali i poveri sono indotti ad usare i “servizi” bancari ed a subirne il vampirismo. Se si volesse davvero diminuire la pressione migratoria, bisognerebbe definanziarizzare l’economia ed assicurare la gratuità delle rimesse dei migranti, ma questa volontà non c’è.

Grazie alle ricerche del socialdemocratico Rudolf Hilferding, si sa dagli inizi del ‘900 che il ruolo del capitale finanziario è preminente rispetto a quello industriale; come pure si sa che l’intreccio tra finanza e militarismo comporta politiche imperialistiche sempre più aggressive ed incontrollabili. L’originalità di Hilferding è consistita nello sfuggire alle strettoie del marxismo scolastico, per cui egli non si è limitato a “fare l’economista” ma ha affrontato il capitalismo come sistema di potere trasversale tra pubblico e privato. Esule a Parigi, il povero Hilferding fu arrestato e ucciso dagli occupanti nazisti nel 1941. I nazisti però non si sono limitati ad assassinare Hilferding fisicamente, ma hanno cercato di assassinarne anche il pensiero, servendosi di un’operazione di intossicazione comunicativa o, come si dice oggi, di “trolling” ante litteram. Il nazismo sembrava infatti far propria la denuncia del sistema internazionale dell’usura e della “debitocrazia”, salvo poi opporre al potere plutocratico della finanza la forza del sangue e della razza. L’operazione di trolling funziona ancora adesso. Magari la si chiama “identità” invece che razza, ma il trolling continua tuttora, come si è visto con le sortite del ministro Lollobrigida. L’orticello elettorale legato al ludo della caccia ai migranti si fa sempre più ristretto, dato che la gente ormai ha altro a cui pensare; perciò certe sortite dei ministri sono vere e proprie operazioni di lobbying; anzi, visto che secondo il governo occorre usare termini italiani, si può dire che siano marchette per conto di banche e fondi di investimento.
Basterebbe infatti che il ministro consultasse un po’ il sito web del governo per scoprire che i migranti rappresentano il maggiore “target” per l’offerta di servizi finanziari, tra cui il microcredito, cioè i piccoli prestiti. Gli stessi prestiti che ti hanno indebitato sino al collo, per cui poi sei stato costretto a prendere a prestito altri soldi per finanziarti la migrazione in modo da potere guadagnare abbastanza da restituire i prestiti; ancora altri prestiti per finanziare il ritorno a casa ed il mettere su una piccola attività.
Ovviamente si tratta di attività imprenditoriali e commerciali sottofinanziate che sono costrette a farsi concorrenza al ribasso, finché non soccombono. L’importante è far indebitare. Sul sito del governo si plaude a questi processi di “inclusione finanziaria” che finanziano la destabilizzazione di interi Paesi e che rendono inarrestabile la migrazione. Al ministro Lollobrigida spetta di occultare questi dati ufficiali (e disponibili per chiunque), facendoci distrarre con cose che non c’entrano. Negli anni ’30 si parlava di contaminazione razziale, oggi si parla di sostituzione etnica, in modo da suscitare false indignazioni, e poi anche spettacolarizzare nei talk show di fittizie faide tra animabellisti ed animabruttisti.

La guerra tra la Russia e la NATO per tramite dell’Ucraina, non poteva sfuggire all’interpretazione “identitaria”. Lo scontro tra il sedicente Occidente e la Russia viene così fatto passare come un conflitto tra globalizzazione e tradizione, tra cosmopolitismo finanziario da un lato e identità nazionale e religiosa dall’altro. Un anno fa qualcuno aveva notato che mentre venivano censurati ed emarginati Dostoevskij e Čajkovskij, invece la pornografia russa continuava ad imperversare nei siti specializzati; ciò ad indicare che le differenze culturali tra “Occidente” e Russia sono del tutto immaginarie. C’è da notare semmai che alla destabilizzazione delle società, delle economie e degli equilibri internazionali, corrisponde un aumento della dipendenza finanziaria, dell’indebitamento; e l’Ucraina ne sa qualcosa. Meno male che i creditori sono molto umani. Grazie alla mediazione di Jp Morgan, i maggiori creditori dell’Ucraina (i fondi di investimento BlackRock, Fidelity International, Amia Capital, Gemsstock Ltd), hanno raggiunto un accordo per congelare circa venti miliardi di debiti. Si tratta ovviamente di una dilazione del pagamento, non di un annullamento dei debiti. Ma come? L’Ucraina sta salvando la sacra democrazia occidentale dall’autocrazia russa, e quelli vogliono essere ugualmente pagati? Appunto, l’ideologia e l’identità non c’entrano, ma è la destabilizzazione in sé a creare occasioni di business finanziario. Semmai in Ucraina proprio il tema identitario è servito come pretesto per creare la destabilizzazione interna.
Mentre il tema dell’identità etnica è solo fumo negli occhi, invece lo schema della superiorità razziale attraversa tutto l’attuale assetto di potere, ed in un modo piuttosto subdolo. Le oligarchie hanno infatti consacrato i loro conflitti d’interessi declinandoli come status, come rango sociale, come segnale di superiorità antropologica. Ciò che per i popoli inferiori è annoverato come corruzione, nei popoli superiori viene canonizzato come “competenza”; ed è infatti in nome di tale “competenza” che gli uomini di BlackRock possono occupare l’amministrazione Biden, che diventa così l’articolazione pubblica di un gruppo privato.
Occorre diffidare di chi pretenderebbe di coniugare il tema sociale con quello identitario, ma altrettanta diffidenza va riservata a chi cerca di coniugarlo con la magistratolatria e con la venerazione delle Procure. Le marchette di Lollobrigida infatti hanno almeno il merito di essere abbastanza evidenti; al contrario, occorre un po ' di più di attenzione per il trolling, magari inconsapevole, dei bravi ragazzi col ciuffo ribelle. Il buon Dibba sta lì a denunciare i conflitti di interesse, non chiedendosi però come un tale sistema di corruzione possa reggersi senza la complicità del potere giudiziario. Possibile che sia tutta colpa dei cattivissimi politici che non fanno leggi contro i conflitti d’interessi? Dove manca il reato di conflitto d’interessi, emerge però il reato di frode. Un prodotto farmaceutico che non è un vaccino è stato spacciato come tale dai media e dai governi; ed inoltre quel prodotto è stato imposto in nome di una sua presunta proprietà di immunizzazione che in realtà non era mai stata testata. Visto che gli interessi premiati da questa frode sono quelli delle multinazionali farmaceutiche, ed anche quelli delle multinazionali finanziarie loro azioniste, allora il reato non viene riscontrato, perché non si va certo a disturbare la super-razza. Appare ben strano anche che quelle Procure pronte a mettere alla gogna Mimmo Lucano, poi non abbiano mai avvertito l’esigenza di indagare su quali e quanti debiti avessero spinto i poveri migranti a rischiare l’annegamento sulle nostre spiagge.