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L’EMERGENZIALISMO STATUS SYMBOL DELLA REGIONE LOMBARDIA
Di comidad (del 30/06/2022 @ 00:03:20, in Commentario 2022, linkato 6442 volte)
Il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha proclamato lo stato di emergenza idrica, le altre Regioni del Nord si sono accodate, mentre il governo vara a riguardo l’ennesimo decreto emergenziale. Una volta le emergenze idriche, e le emergenze in genere, erano roba da “Terroni”, da Regioni sottosviluppate del Sud. L’Italia si “meridionalizza”, cioè sempre più aree svolgono il ruolo di colonia deflazionista, quindi vengono pauperizzate per tenere bassa la domanda di beni e l’inflazione in Europa. Ciò non vuol dire affatto che le gerarchie interne all’Italia, tra Regioni di serie A e Regioni di serie B, non vengano preservate.
Dal 2020 la Lombardia, la “Regione modello”, si è appropriata della bandiera dell’emergenzialismo, imponendo a tutto il Paese un’emergenza sanitaria basata sull’impedire le cure ordinarie. Se l’emergenza pandemica fosse nata in qualche parte del Sud, sarebbe rimasta una vergogna locale; invece nel marzo del 2020 il governo impose il lockdown a tutta Italia in ossequio alla Regione leader. Da quando Milano è diventata la capitale delle emergenze, queste non sono più considerate un marchio di infamia o una prova di arretratezza civile, bensì uno status symbol, un’occasione per dimostrare determinazione ed efficienza. I servizi televisivi ci mostrano la popolazione lombarda che si sottopone responsabilmente alla disciplina emergenziale dando prova del proprio grado di civiltà. La siccità non è più roba da sottosviluppati meridionali perché ora c’è il riscaldamento globale, il nuovo mantra del politicamente corretto, e quindi il razionamento idrico rientra tra i luminosi destini dell’Umanità, perciò Fontana (proprio il nome adatto) è un pioniere. Non che il politicamente corretto sia un ombrello molto affidabile: i Curdi erano i beniamini del politicamente corretto, ma questo non li ha salvati dalle grinfie di Erdogan. Quando un giornalista ha chiesto conto a Draghi del mercimonio della NATO sulla pelle dei Curdi, il nostro mirabolante Presidente del Consiglio ha farfugliato qualcosa, cavandosela con un: chiedetelo a Svezia e Finlandia. Finissimo, come sempre.
Non si può dire che la questione dell’approvvigionamento idrico al Nord si sia affacciata di colpo. Dopo le grandi secche del Po del 2017, anche nel 2019, già in pieno inverno, la situazione appariva compromessa e la necessità di un riassetto idrogeologico appariva un impegno ineludibile per la giunta di Attilio Fontana. Gli anni invece sono passati ed in questo mese di giugno l’emergenza idrica è stata annunciata con toni trionfali. Il dio Po, tanto celebrato dall’Umberto Bossi in versione para-nazista degli anni ’90, nei fatti è stato bistrattato dagli amministratori leghisti. Mentre il buco in Val di Susa ci veniva spacciato come indispensabile per non essere costretti a superare le Alpi a dorso di mulo, ci si è invece “dimenticati” della vera priorità per il Nord, il riassetto idrogeologico del bacino del Po. Anni di incuria nella gestione ordinaria del territorio ora vengono premiati con lo strapotere assicurato dalla gestione emergenziale; uno strapotere che non assicura affatto prestazioni migliori rispetto a una gestione ordinaria, ma solo minore trasparenza e maggior margine di abuso.

La Lombardia è una Regione a guida leghista, e sin dagli anni ’90 la Lega era presentata dai media mainstream come “l’erede della buona amministrazione austro-ungarica”. Per anni il gioco delle parti interno alla Lega ha consentito di far leva elettorale sia sul “sovranismo”, sia sul nostalgismo austriacante. Mentre il Matteo Salvini “sovranista” era regolarmente crocifisso dai media, gli amministratori leghisti si sono quasi sempre giovati di un trattamento di favore da parte degli opinionisti che contano. Ovviamente la “buona amministrazione austro-ungarica” non è mai esistita; neppure però vi sono riscontri storici per affermare che quell’amministrazione fosse una forma di gangsterismo come quella praticata da Attilio Fontana e soci. Nel 2011 Fontana si dichiarava difensore dell’acqua pubblica e invitava a votare il sì al referendum, mentre oggi con l’emergenzialismo pone le condizioni per una gestione arbitraria delle risorse idriche. Come ha insegnato la mafia, l’acqua è strumento di ricatto per prendere per la gola un territorio.
In un articolo sul “Manifesto” del 25 giugno scorso, si denuncia la riproposizione del tema dell’autonomia differenziata, indicata come esempio di egoismo dei ricchi e di negazione dei diritti di eguaglianza. Tutto giusto, ma la critica rischia di rimanere sul piano dell’astrazione dei “diritti”, con il classico tira e molla che si conclude ogni volta col solito “costituzionalista” pronto a spiegarci che il nostro unico diritto è di non avere diritti. Anche negli USA la Corte Suprema ha avviato lo stesso gioco, palleggiandosi la questione se l’aborto sia un diritto o meno. Il vero problema in realtà è il potere materiale che si esercita sui corpi delle persone. Per questo potere i pretesti possono cambiare: le destre invocano i tabù religiosi, mentre le finto-sinistre politicorrette strumentalizzano la “solidarietà”. Il politicorretto si indignerà per un Green Pass religioso o etnico (a meno che non si tratti di discriminare i Russi), mentre andrà in brodo di giuggiole per un Green Pass solidal-sanitario. Anche l’autonomia differenziata potrà avere un uso trasversale, col PD che ce la farà digerire vestendola in una versione solidaristica.
Anche quando si fustiga l’egoismo dei ricchi, bisogna capire dove si va effettivamente a parare, perché alla fine i ricchi se la cavano sempre, mentre ad essere colpito è solo l’egoismo dei poveri, perché a volte, si sa, i poveri sono un po’ riluttanti a sacrificarsi per il bene dei ricchi. Il vero pericolo dell’autonomia differenziata sta nella modificazione dei rapporti di potere, nella proliferazione di dispotismi locali in gara tra loro con l’arma del mettere tutti ogni volta di fronte al fatto compiuto. Le emergenze diventano le vere prove tecniche dell’autonomia differenziata. Anche le Regioni del Sud, per ora escluse dall’emergenza idrica, probabilmente vorranno partecipare alla festa.

L’emergenzialismo è uno schema di potere che riscuote un successo incontrastato, poiché non necessità di particolari attività cospirative per funzionare; anzi, si basa sull’emulazione, sulla competizione, sullo scavalcarsi l’un l’altro nel procurare sempre più allarme. L’emergenza è una grande arena di scontro in cui ognuno cerca di ridefinire i rapporti di forza a proprio vantaggio e dove ognuno può esibire la propria capacità di controllare, di “tener sotto”, gli altri. L’emergenza crea euforia poiché è un contenitore che ognuno può riempire con le proprie istanze, che possono andare dal business più squallido agli “ideali di solidarietà” più puri ed elevati. L’emergenza è una magnifica opportunità per gli affaristi di ogni risma, ma anche per gli educazionisti che vogliono redimere le masse e convertirle a valori di solidarietà. Si crea perciò un’ottima sinergia tra affarismo e moralismo.
Romano Prodi disse che l’emergenza Covid era un’occasione per rilanciare l’europeismo. L’emergenza santifica qualsiasi secondo fine. Vissuta come “occasione”, l’emergenza non è più quella dichiarata, diventa qualcos’altro. Agli hegeliani della domenica tutto ciò apparirà molto “dialettico”, mentre in effetti è solo fraudolento esigere disciplina dagli altri in nome di un superiore interesse comune, riservando però le mani libere a se stessi. In un libro, fatto poi opportunamente sparire, anche l’attuale ministro della Sanità dichiarò che l’emergenza Covid era una “occasione” per la sinistra. Poi si è visto che gli ideali di “sinistra” e gli affari delle multinazionali si facevano molto bene da sponda a vicenda.

Ringraziamo “Cassandre”.