La Storia si dà appuntamento sempre negli stessi luoghi, per cui in questo caso è appropriata la frase comune: “ci vediamo al solito posto”. Il Mar Nero è uno di quei punti strategici con cui ci si ritrova a fare i conti ciclicamente e infatti da millenni sono innumerevoli le guerre per garantirsene l’accesso e il controllo, dalla mitica guerra di Troia, alla guerra di Crimea del 1853, sino alla Battaglia di Crimea della seconda guerra mondiale.
Secondo
un resoconto di “Defense News” (una testata giornalistica con sede in Virginia, che funge da sponda mediatica del Pentagono), già nell’ottobre scorso, il segretario alla Difesa USA, Lloyd Austin, dichiarava di aspettarsi un attacco imminente della Russia nell’area del Mar Nero. Quindi non un attacco all’Ucraina in quanto tale, ma al Mar Nero, il che vuol dire cercare di occupare sia settori della costa ucraina, sia della costa georgiana. Ciò smonta tutta l’attuale narrativa mediatica sui successi dell’esercito ucraino grazie alle armi occidentali, che avrebbero costretto i russi a ritirarsi da Kiev. Era chiaro sin dall’inizio che la capitale era stata presa di mira per fare da diversivo e tenervi impegnato il grosso dell’esercito ucraino.
Se il Pentagono sapeva già che
il vero oggetto del contendere era il Mar Nero, resterebbe da spiegare come mai non si era collocata una base militare della NATO proprio lì sulle sue coste, invece che a Yavoriv, al confine della Polonia. Dall’articolo di Defense News trapela che responsabili militari USA erano consapevoli della contraddizione, per cui si addentravano in spiegazioni contorte e patetiche, circa l’impossibilità di ammettere immediatamente l’Ucraina e la Georgia nella NATO a causa dei loro conflitti interni. A parte il fatto che una base NATO in Ucraina già c’era da decenni, ma al confine polacco, c’è il dato di fatto che gli USA non si sono mai posti il problema dei tempi burocratici della NATO quando hanno ritenuto di stabilire proprie basi militari su territori altrui. L’Italia ha sul suo territorio non solo basi NATO ma anche basi americane tout court. Nel Kosovo gli USA hanno stabilito la propria base di Bondsteel infischiandosene della NATO, che pure era presente in Kosovo. Gli USA hanno avuto decenni a disposizione per prendersi il Mar Nero, e non lo hanno fatto, preferendo allestire in Ucraina, da prima del golpe di piazza Maidan, un campo di addestramento per forze armate ucraine “in caso di invasione russa”, ma soprattutto per armare la pulizia etnica contro i russofoni in Donbass. I “conflitti interni” che avrebbero impedito l’adesione dell’Ucraina alla NATO, sono stati fomentati dagli stessi USA o, più precisamente, dal Dipartimento di Stato e dai comandi NATO.
La NATO considerava a sua volta l’Ucraina come cosa propria, con tanto di regolari esercitazioni militari congiunte sotto la sigla “Trident”,
il tutto pubblicizzato sul sito della stessa NATO. In altre parole, si è integrata militarmente l’Ucraina nella NATO, ma non si è ritenuto di offrire alla stessa Ucraina lo scudo di un’adesione ufficiale. Il Pentagono sognava di prendersi il Mar Nero, mettendo così fuori gioco la Russia. Passava invece la linea del Dipartimento di Stato, che non era interessato ad acquisizioni strategiche, bensì proprio ad una guerra infinita, cioè al business delle armi in se stesso.
Nel 2015 il settimanale tedesco Der Spiegel narrava degli
inutili sforzi della cancelliera Merkel per bloccare le continue provocazioni della NATO in Ucraina. Sembrava che la Merkel fosse riuscita ad ottenere l’appoggio del presidente Obama per avviare un dialogo distensivo con la Russia, salvo poi accorgersi che il Dipartimento di Stato e l’allora comandante supremo della NATO, Philip Breedlove, continuavano come se niente fosse nelle loro provocazioni. Delle due l’una: o Obama prendeva per i fondelli la Merkel, oppure al Dipartimento di Stato lo stesso Obama contava come il due di coppe. La seconda ipotesi è la più probabile, perché se negli USA la presidenza contasse qualcosa non ci starebbe uno come Biden. A sua volta la Merkel, sapendo cosa stava per succedere, si è tolta dalle botte lasciando le brutte figure a Olaf Scholz. Molti oggi rimpiangono la Merkel, ma si è visto che neanche lei era riuscita a fermare le provocazioni del Dipartimento di Stato.
Oggi negli USA i “diplomatici” del Dipartimento di Stato sono molto più guerrafondai dei militari.
Un altro articolo di Defense News illustra l’offensiva che le lobby del Dipartimento di Stato stanno conducendo contro il Pentagono per appropriarsi della gestione dei fiumi di denaro della Difesa. Il Dipartimento di Stato strumentalizza i fallimenti militari del Pentagono (buon ultimo l’Afghanistan) per ottenere una sua “riforma”, che consisterebbe praticamente nel dirottare a proprio favore la gestione dei soldi.
Il segretario di Stato, Antony Blinken, è fondatore di una società privata di lobbying commerciale, la WestExec Advisors, mentre il suo vicesegretario, Wendy Sherman, fa parte di un’altra società privata dello stesso genere, l’Albright Stonebridge Group. Si tratta di lobby aggressive che hanno un intento esclusivo, univoco e preciso:
gestire i soldi della Difesa. Blinken non è riuscito a piazzare la sua socia in affari, Michèle Flournoy come segretario alla Difesa, visto che l’ha spuntata il generale Austin, il quale però è impacciato nella guerra contro Blinken dai suoi personali conflitti di interesse, dato che, una volta pensionato, è diventato dirigente di un’industria degli armamenti, la Raytheon Technologies. I conflitti di interesse dei generali diventano anche conflitti esistenziali, dato che essi vedono le esigenze di strategia militare continuamente sacrificate al business di cui fanno parte. Ma ora per i generali non si tratterebbe più di tutelare la patria o l’idea che ne hanno, bensì di conservare la gestione dei soldi della Difesa (solo per quest’anno quasi ottocento miliardi di dollari), perciò è probabile che stavolta reagiscano, ed anche in modo piuttosto deciso.
Il Dipartimento di Stato sta a Washington, mentre il Pentagono si trova a poca distanza, nella contea di Arlington in Virginia. Si tratta più o meno degli stessi luoghi dove avvenne il regolamento di conti tra Unionisti e Confederati nella guerra di secessione americana. Anche la seconda guerra civile americana, quella tra Dipartimento di Stato e Pentagono, si risolverà da quelle parti.