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L’AUTOMATISMO CRIMINALE DELL’UNIONE EUROPEA
Di comidad (del 03/03/2022 @ 00:29:38, in Commentario 2022, linkato 6770 volte)
Si può glissare tranquillamente sulla questione se la “Rivoluzione delle Ciabatte” dell’estate del 2020 contro la rielezione del presidente bielorusso Lukashenko sia stata o meno una “rivoluzione colorata” organizzata dai servizi segreti della NATO, per concentrarsi invece su un dato di fatto, e cioè che l’Unione Europea, pur senza averne alcun titolo in base al Diritto Internazionale, disconobbe il risultato elettorale in Bielorussia e proclamò l’illegittimità della sua presidenza. Sino a quel momento la Bielorussia era stata un Paese neutrale, in buoni rapporti con Mosca ma ben tesa a sottolineare la propria indipendenza dai voleri del Cremlino. A causa dell’aperta ostilità dell’Unione Europea e della NATO, Lukashenko fu costretto ad accettare un’alleanza in funzione subordinata con la Russia, diventandone un vassallo.
Non è un caso perciò che l’operazione di accerchiamento della capitale ucraina Kiev ad opera dell’esercito russo sia partita dal territorio bielorusso, il cui confine è a pochi chilometri da Kiev. Le truppe russe si trovavano in Bielorussia per un’esercitazione militare congiunta con l’esercito di Lukashenko, che non ha partecipato all’invasione ma l’ha consentita. I media ci hanno intrattenuto in questi giorni su una mitica battaglia di Kiev che farebbe sembrare Stalingrado una bazzecola. Ma l’esercito russo non ha alcuna necessità strategica di conquistare la capitale, in quanto gli basta dimostrarne l’irrimediabile vulnerabilità a causa della vicinanza al confine bielorusso, tenendo inoltre impegnata gran parte dell’esercito ucraino mentre le truppe russe agiscono dove più interessa, cioè nelle aree del Mar d’Azov e del fiume Don, le chiavi di accesso alla Russia (come sa chi alle medie si è letto “Il Sergente nella Neve” di Mario Rigoni Stern). Questa vittoria strategica di Putin è stata tutta un regalo dell’Unione Europea, così ansiosa di criminalizzare ed eliminare Lukashenko da non tenere conto dei rischi in caso di fallimento dell’operazione.
Oggi i media ci descrivono Putin come il responsabile dell’aumento delle bollette energetiche, facendo dimenticare che gli aumenti stratosferici del prezzo delle materie prime datavano di molti mesi addietro. Le strozzature del mercato delle materie prime erano state dovute alla ripresa produttiva dopo i lockdown imposti dai Paesi dell’UE convertitisi all’emergenzialismo pandemico nostrano. Per mesi i prezzi delle materie prime erano crollati e molti speculatori ne avevano acquistato grandi quantità da rivendere poi a prezzi maggiorati quando la domanda fosse di nuovo salita. Che la Russia non c’entri, è dimostrato dal fatto che il fenomeno ha riguardato anche prodotti industriali come i semiconduttori, di cui Taiwan è la maggiore esportatrice. L’Europa è già in fase inflattiva, e non per un’inflazione “sana” e gestibile da aumento della domanda di beni e servizi, bensì in un’inflazione malsana a causa del calo dell’offerta di materie prime dovuto a strozzature del mercato.

La Russia è il maggiore produttore mondiale di quasi tutte le materie prime ed in questa fase di aumento selvaggio dei prezzi è impossibile fare a meno delle sue forniture, neppure con fiumi del gas liquido di produzione statunitense. Questo è il risultato pratico dell’emergenzialismo pandemico. I media ci prospettano furiose file ai bancomat russi per tutelarsi dal crollo del rublo in seguito alle sanzioni finanziarie. Ammesso che per qualche tempo sia così, cosa cambierebbe? Si pretenderebbe cioè di trattare la Russia come la Grecia o come Cipro, dimenticando che si sta parlando di una potenza nucleare e del primo produttore di materie prime, che, male che vada, potrà sempre emettere bond coprendone il valore con stock di petrolio, oro, gas o nitrato d’ammonio, indispensabile per l’agricoltura.
Nella mente dei cosiddetti “occidentali” la questione dei rapporti di forza, base di ogni equilibrio di potenza, è totalmente scomparsa. Siamo al delirio propagandistico autoreferenziale. La prassi di infantilizzare e rincretinire l’opinione pubblica ha determinato un effetto di ritorno, un’autointossicazione comunicativa dei gruppi dirigenti. Se oggi il nostro governo pensa davvero di poter gestire una società complessa con il razionamento energetico e con lo slogan “è colpa di Putin", sarà un’avventura senza ritorno che potrebbe far considerare la guerra nucleare come un male minore.
La propaganda occidentalista cerca di screditare la Russia in base ai soliti criteri del doppiopesismo. Basti pensare all’abuso del termine “oligarca”, per cui sembrerebbe che in Russia gli oligarchi siano decine di migliaia, in quanto qualsiasi farabutto che fa soldi con affari di gas o di armi diventa un “oligarca”. Da noi li chiamerebbero “imprenditori”. Altrettanto stantio è lo slogan sul Putin “autocrate”, dato che risulta evidente che è un mediatore che si barcamena tra i soli due poteri che contano in Russia, Gazprom e l’esercito. Tra l’altro sono state proprio le sanzioni economico-finanziarie a indebolire Gazprom ed a rafforzare la posizione dell’esercito. Oggi infatti l’alternativa concreta a Putin non è il democratico a mezzo servizio (e nazista a tempo pieno) Navalny, bensì una giunta militare.

Ora è tutta una gara a chi odia di più Putin, con l’annessa caccia agli “amici di Putin”, omettendo il fatto che in questa circostanza sono stati proprio i “nemici” a passargli la palla, anzi a passarla ai militari russi. I tentativi della dirigenza russa di intavolare una trattativa con la NATO e con l’UE sono sempre falliti, in quanto queste non sono delle controparti in grado di esprimere una soggettività consapevole, ma dispositivi automatici di espansionismo e propaganda. Beninteso, il vittimismo russo sulla slealtà della NATO ha una piena fondatezza, ma rimane il fatto che il riconoscimento russo dell’indipendenza ucraina nel 1991, senza aver preliminarmente ridefinito i confini, è stata una follia, spiegabile soltanto con la febbre dell’arricchimento personale, per cui la priorità assoluta era di vendere petrolio e gas agli ex sudditi, senza preoccuparsi dei pericoli futuri. Comunque sia, oggi non c’è nessuno nel Sacro Occidente che possa fermarsi a considerare le conseguenze di ciò che fa, poiché verrebbe immediatamente scavalcato da uno più zelante di lui in nome dell’emergenza del nuovo Hitler di turno.
L’UE si è gettata in sconsiderate forniture di armi all’Ucraina, senza tener conto che in quel Paese la struttura istituzionale è fluida e inconsistente, perciò si rischia di creare una sorta di ISIS a guida neonazista al centro dell’Europa. Del resto l’avventurismo in questo campo è già datato. Lo scorso anno era fallito per un pelo il progetto da dieci miliardi di dollari per la formazione di un esercito privato ad opera di Erik Prince, l’ex boss di Blackwater. Bisognerà vedere se attorno alle forniture d’armi dell’UE rifioriranno altri business per eserciti privati per iniziativa di Prince o di altri come lui.

Ringraziamo Claudio Mazzolani e Michele per la collaborazione.