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BOMB-BUSINESS
Di comidad (del 07/08/2008 @ 07:22:13, in Commentario 2008, linkato 1334 volte)
In queste settimane continuano gli appelli da parte di esponenti dello Stato di Israele e di “neocon” americani per arrivare ad un bombardamento atomico dell’Iran - indicato, senza prove, come un’insopportabile minaccia alla sicurezza di Israele -, un bombardamento che alcuni osservatori prevedono avvenga poco prima della scadenza del mandato del presidente Bush. Data l’improbabilità del ricorso all’arma atomica, si è affacciata anche l’ipotesi che questa propaganda catastrofica tenda a far apparire un eventuale bombardamento convenzionale sull’Iran come un male minore, da accogliere quasi con un sospiro di sollievo, anzi con gli ennesimi commenti sulla bontà degli Americani.
Le continue minacce di attacco all’Iran hanno sortito l’effetto di far aumentare a dismisura il prezzo del petrolio, il che è probabilmente proprio ciò che si proponevano gli organizzatori di questa campagna propagandistica che ha invaso i media; infatti, oltre ad aumentare i profitti delle Corporation petrolifere (che sono per la maggioranza anglo-americane), questo aumento dei prezzi ha reso di nuovo convenienti i giacimenti petroliferi anglo-americani ad alto costo estrattivo, come quelli dell’Alaska e del Mare del Nord.
Analizzando il quadro strategico, molte di queste minacce di bombardamento, se attuate, andrebbero a destabilizzare gran parte dell’assetto su cui si fonda oggi l’interventismo militare statunitense. Al di là della propaganda e delle dichiarazioni di inimicizia ufficiali, è un fatto che la collaborazione iraniana è risultata utile agli Stati Uniti per le guerre in Bosnia ed in Afghanistan, e addirittura determinante per l’attuale occupazione dell’Iraq. Per questo motivo alcuni alti gradi militari statunitensi sono arrivati a pronunciarsi pubblicamente contro l’ipotesi di attacco, sottolineando inoltre che l’effetto dei bombardamenti a tappeto sul piano dei reali risultati militari è sempre molto dubbio, o addirittura controproducente, come sta dimostrando per l’ennesima volta l’esperienza della NATO in Afghanistan.
Se è vero che il quadro strategico renderebbe improbabile che dalla propaganda si passi ai fatti, va anche considerato che il tipo di potere che vige negli Stati Uniti non può essere analizzato in base a considerazioni di tipo strettamente strategico. Il governo USA funziona infatti come agenzia delle Corporation ed assume le sue decisioni in base a questo o quell’interesse affaristico immediato. Tutto ciò viene poi accompagnato da slogan o da analisi giustificative, che quasi mai vanno prese sul serio. Organi governativi statunitensi come lo Stratcom (Comando Strategico degli Stati Uniti) hanno presentato l’irrazionalità del comportamento degli USA, il suo carattere eccessivamente aggressivo e vendicativo, come un’opportuna misura tendente a spaventare i sudditi, che potrebbero cadere nella tentazione di sottrarsi al dominio, se gli stessi USA assumessero un atteggiamento troppo calmo e razionale.
Anche questa contorta spiegazione appare però come una giustificazione a posteriori, cioè il tentativo di razionalizzare in base ad un quadro strategico ciò che invece potrebbe essere dettato da considerazioni affaristiche contingenti. Fare il pazzo o lo scemo, e nel contempo dare del pazzo o dello scemo agli altri, costituisce una collaudata tecnica propagandistica statunitense, e molti “filoamericani” si sono specializzati nell’imitazione dei loro maestri e, forse, a furia di fare i pazzi e gli scemi lo stanno anche diventando; ma qui non si tratta semplicemente di scrivere un articolo razzista su “Libero” o sul “Corriere della Sera”, e neppure di disturbare con commenti demenziali la comunicazione antimilitaristica sui forum o sui blog.
Un attacco militare comporta infatti il passare per una complicata catena di comando, e i generali e i colonnelli non sono come i loro soldati, non sono affatto abituati ad obbedire, ma sanno opporre mille difficoltà di ordine tecnico all’esecuzione di ogni ordine che ritengano sgradito o rischioso. I generali e i colonnelli vanno “convinti” ad obbedire. Il denaro risulta sempre convincente, e non solo perché è in grado di comprare; il denaro crea aspettative e speranze, il denaro è carismatico e riesce persino a far lavorare gratis molte persone, illudendole di entrare un giorno a far parte a tutti gli effetti dell’affare.
Il punto è che il bombardamento non è soltanto una decisione strategica, ma è un business. Per valutare l’entità del bomb-business per il complesso militare-affaristico statunitense (il più macroscopico fenomeno di consumismo della nostra epoca), occorre considerare che, secondo dati ufficiali del Pentagono, nel solo periodo dal gennaio 1965 al marzo 1971 furono scaricati sul Vietnam, sia del Nord che del Sud, 5.795.160 tonnellate di bombe - il computo si riferisce esclusivamente alle bombe, senza contare né proiettili di artiglieria, né mine -, quindi tre volte quelle scaricate nel corso della seconda guerra mondiale su entrambi i teatri di guerra, Europa e Pacifico. Nei due milioni di tonnellate di bombe americane della seconda guerra mondiale, va compreso anche il bombardamento convenzionale della città giapponese di Osaka, avvenuto a guerra finita e accompagnato da volantini che annunciavano alla popolazione… che la guerra era finita!
Costretti a sospendere i bombardamenti sul Vietnam del Nord a causa di un negoziato che avevano dovuto aprire per le pressioni internazionali, gli Stati Uniti avviarono subito il bombardamento della Cambogia. Sul piccolo territorio del Laos fu scaricata inoltre una quantità di bombe stimata sui due milioni di tonnellate.
Da allora tutti i bombardamenti statunitensi si devono valutare in termini di milioni di tonnellate, compreso quello sulla Serbia nel 1999; per coprire la superficie necessaria a scaricare tutte le bombe, fu coinvolta nel bombardamento NATO anche la Vojvodina, regione autonoma, multi-etnica, pacifica ed ostile al presidente serbo Milosevic, almeno sino al bombardamento.
Le minacce all’Iran sono state originate da un movente affaristico, legato agli interessi delle Corporation petrolifere, e, allo stesso modo, un altro movente affaristico, legato al bomb-business, potrebbe determinare la concretizzazione di queste minacce.
7 agosto 2008

LE SCORIE NUCLEARI
Le scorie in Italia sono presenti presso: le ex centrali di Trino (Vercelli), Caorso (Piacenza), Latina, Garigliano (Caserta), l'impianto Eurex di Saluggia (Vercelli), l'impianto Fn di Bosco Marengo (Alessandria) e gli impianti della Casaccia (Roma) e di Rotondella (Matera).
In Italia non c'è un sito di stoccaggio definitivo per le scorie prodotte dai quattro impianti (Trino, Caorso, Latina e Garigliano) dismessi una ventina di anni fa. La Sogin (società incaricata dallo stato per la chiusura del ciclo nucleare) ha stretto un accordo con la francese Areva per il trattamento di 235 tonnellate di combustile irraggiato ancora presente in Italia. Ma una volta trattati, questi rifiuti torneranno, entro il 2025, nel nostro paese in undici contenitori speciali. Dove li metteranno? La Sogin infatti parla al momento solo di depositi temporanei.
(da Il Venerdì di Repubblica, 13 giugno 2008)