Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Il discredito in cui sono cadute le multinazionali - conosciute nel mondo anglosassone come corporation - ha fatto sì che queste si dotassero di un nuovo strumento di penetrazione coloniale: le Organizzazioni Non Governative, associazioni private che dicono di ergersi a difesa dei diritti umani e per la promozione della cooperazione e dello sviluppo nel terzo mondo.
Da anni in Africa l’arrivo delle ONG precede e favorisce quello delle multinazionali, tanto che, almeno lì, la maschera sembra caduta ed oggi la loro sigla viene identificata con l’aggressione coloniale. Altrettanto sta avvenendo in America Latina.
In Europa l’informazione a riguardo è invece timida ed esitante. A quanto pare le dichiarazioni ufficiali di altruismo, idealismo e disinteresse delle ONG ottengono ancora un notevole effetto intimidatorio su una opinione pubblica progressista troppo sensibile alla retorica astratta e poco attenta alla successione dei fatti.
Sta di fatto che non appena un Paese del terzo mondo si trovi in conflitto con qualche multinazionale - come sta capitando al Venezuela con la Exxon -, immediatamente una ONG apre nei confronti di quel Paese un contenzioso per i diritti umani. I diritti umani delle multinazionali?
Riguardo all'uccisione di una ragazzina afgana di tredici anni da parte di militari italiani, i media hanno seguito la linea consueta in questi casi: parlarne il meno possibile e minimizzare l'episodio, presentandolo come un errore o un incidente. In realtà le dichiarazioni ufficiali rilasciate dai comandi italiani configurano chiaramente l'ipotesi di omicidio volontario.
L'accaduto non può essere ascritto né a fatalità né a negligenza, dato che, per come erano state concepite le regole d'ingaggio, l'eventualità di uccidere persone che non c'entravano nulla era stata presa in considerazione e accettata dai militari e dal governo. In termini tecnico-giuridici questo non si chiama colpa, ma dolo eventuale.
Quindi, in base alla stessa legge dello Stato che li ha mandati lì, i militari italiani sono responsabili di un assassinio, dal soldato che ha sparato e via via, in ordine crescente di gravità, sino ai generali. Responsabili di omicidio volontario sono anche il ministro della Difesa e il Presidente del Consiglio, e, in base al principio della collegialità, anche il governo nel suo insieme. Tutti assassini e criminali di guerra; o criminali di pace, se si considera che i militari italiani sono in Afghanistan per una missione di pace.
Ciò, ovviamente, in base alle leggi dello Stato italiano, che, in questo caso, è anche l'assassino.
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