Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
La notizia della partenza alla fine di febbraio del reggimento S.Marco per le manovre davanti alle coste della Libia è stata diffusa dai media con molto fragore di fanfare militar-patriottiche. Questi toni enfatici risultano piuttosto fuori luogo se si considerano gli infausti precedenti.
Il caso dei due fucilieri di Marina, Girone e La Torre, entrambi provenienti dal S.Marco, e impegnati in un'oscura missione "anti-pirateria" a bordo di una nave mercantile nell'Oceano Indiano, non dovrebbe essere considerato un auspicio molto favorevole ad ulteriori imprese del genere. Tanto più se si osserva che, a distanza di tre anni dai fatti, ancora non è stata fornita da alcuno, neppure dalle autorità indiane, una versione della vicenda che possa vantare uno straccio di senso compiuto. Ed ancora di più se si considera che i "pirati dell'Oceano Indiano" sono un po' come l'ISIS, cioè fantasmi della falsa coscienza e della cattiva coscienza "occidentali", mostri mediatici di identità artificiosa ed incerta, a cui si attribuiscono inoltre legami con il jihadismo di marca somala.
La situazione per il reggimento S.Marco assume risvolti persino inquietanti, in quanto anche l'impresa renziana in Libia, come già era accaduto per quella anti-pirateria nell'Oceano Indiano, sta incassando l'ambiguo imprimatur della NATO, pronto tanto a benedire le tue iniziative militari, quanto a lasciarti nei guai che ne derivano. Il segretario generale della NATO, il norvegese Jens Stoltenberg, si è spinto anche oltre, estendendo la propria benedizione al governo Renzi, celebrandone presunti successi economici, che sarebbero dovuti ovviamente alle "riforme" messe in atto dallo stesso governo.
Stoltenberg ha presentato questa sua ingerenza negli affari interni di un Paese membro della NATO come un'eccezione dettata da circostanze particolari. Ma, in effetti, queste "eccezioni" costituiscono la regola, e ciò in base all'articolo 2 del Patto Atlantico, che prevede che i Paesi membri dell'alleanza non solo eliminino i conflitti nelle rispettive politiche economiche, ma addirittura incoraggino le relazioni economiche tra di essi. Si tratta della teorizzazione dell'ingerenza imperialistica degli USA sui Paesi "alleati". Ed appare già delineato, nell'articolo 2, il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) prossimo venturo, del quale Renzi è uno strenuo sostenitore, a conferma del fatto che in Italia il vero Presidente del Consiglio (ed anche il vero Presidente della Repubblica) è la NATO.
In base alla toponomastica parlamentare corrente, anche Stoltenberg sarebbe, come Renzi, di "sinistra". Secondo la stampa di destra, Stoltenberg non è solo un esponente della mitica "socialdemocrazia scandinava", ma potrebbe vantare persino un passato marxista-leninista. Nel marzo dello scorso anno il quotidiano "Il Foglio" presentò la nomina di Stoltenberg a segretario generale della NATO come un pericolo per l'alleanza, a causa dei trascorsi del politico norvegese, indicato come pacifista, antiamericano e, nientemeno, sospettato di rapporti con il KGB.
Si tratta del solito schema di propaganda della destra, che aggira i fatti per proporre un'immagine forzata del mondo, in base ai filtri del "vittimacomunismo" e del "minacciacomunismo". La politica estera di un Clinton o di un Obama, è sempre risultata del tutto in linea con quella guerrafondaia di Bush, ma è bastato alla destra qualche loro ipocrita accenno di retorica anti-bellicistica per etichettarli pretestuosamente come "pacifisti". Il tutto rientra in un gioco delle parti, che ha la funzione di alimentare l'illusione della "dialettica democratica" del Sacro Occidente.
Tanto più incongruente appare il riferimento ai trascorsi "rivoluzionari" di Stoltenberg da parte di un giornale come "Il Foglio", diretto sino all'anno scorso da Giuliano Ferrara, cioè uno che era stato educato in Unione Sovietica, e che si era fatto fotografare nel '68 a Vallegiulia, da giovane studente, mentre si scontrava con la polizia. Vi sono peraltro molti che hanno conosciuto Giuliano Ferrara tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, che sono pronti a testimoniare sull'intima coerenza del personaggio, giurando che era allora lo stesso identico pezzo di merda che è oggi.
Ma queste sono considerazioni morali che, pur legittime, non colgono il nocciolo del problema. Se non fosse caduto il Muro di Berlino, persone come Stoltenberg avrebbero probabilmente continuato la finzione socialdemocratica, senza abbracciare esplicitamente il fondomonetarismo ed il militarismo. Se la tanto celebrata "socialdemocrazia europea" fosse stata un fenomeno dotato di consistenza propria, non si sarebbe lasciata liquidare senza colpo ferire dal Trattato di Maastricht. La vera caduta del Muro dovrebbe inoltre retrodatarsi al 1980, quando la Polonia si rivelò del tutto permeabile alle "rivoluzioni colorate" orchestrate dalla CIA e da Soros.
Per uno di quei paradossi della Storia, la pessima ed impresentabile Unione Sovietica di Leonid Breznev subisce oggi una sorta di rilegittimazione politica a posteriori, poiché soltanto le esigenze e le prudenze dettate dalla Guerra Fredda impedivano al Sacro Occidente di mostrare sino in fondo il suo vero volto di mattatoio sociale e coloniale. Ciò che non si era considerato è che la sopravvivenza dell'Unione Sovietica era legata esclusivamente alla generazione della seconda guerra mondiale, ed alla sua percezione di una minaccia occidentale all'integrità territoriale russa. Una nuova generazione di dirigenti russi, interessata solo agli affari del petrolio e del gas, ha invece smantellato l'edificio sovietico; ed è un altro paradosso il fatto che questa generazione affaristica oggi si trovi a fronteggiare una concreta minaccia da parte della NATO contro l'integrità della Russia.
Alcuni commentatori hanno già messo in evidenza l'ossimoro contenuto nello slogan renziano della "Buona Scuola". Idealizzare la Scuola è sempre stato infatti il modo più sicuro per delegittimarla. Per il resto nel "progetto di riforma" di Renzi non c'è nulla che non sia stato già fatto o detto dai governi precedenti. Uno studio diffuso dalla UIL ha posto in evidenza che anche i famosi, e fumosi, premi al "merito" dei docenti annunciati da Renzi si riducono in effetti a spiccioli.
Ma il concetto di premio al "merito" va valutato in base al contesto. In un lager il premio consisteva nel sopravvivere, e lo stesso vale per la "Buona Scuola", dove si è ormai accesa una guerra per bande per poter accedere all'olimpo dei "tutor", dei "mentor" e del mitico "staff" dirigenziale, in vista del consolidamento di una mafia carrieristica intenta a giudicare gli altri per non essere giudicata essa stessa.
Per pagare gli insegnanti il meno possibile si è sempre avvolto l'insegnamento di retorica missionaria, ma in passato un sistema di potere più interessato all'effettivo funzionamento dell'istruzione, aveva elaborato la tronfia espressione della "libertà di insegnamento", per garantire anche al più timido dei docenti quel minimo di autonomia che gli consentisse di sfuggire alle ingerenze di dirigenti, colleghi e genitori. Il demagogico slogan del "merito" si risolve invece in un generalizzato diritto all'ingerenza; ciò in nome di una finta didattica ideale che serva a distruggere quella reale.
Mentre la gestione della risorsa docenti è affidata al basso costo del terrore mafioso all'interno delle scuole, i veri soldi, tanto per cambiare, vanno all'assistenzialismo per le imprese private. Le leggi e gli stanziamenti di fondi per i progetti per l'alternanza Scuola-Lavoro non sono neppure questi una novità introdotta da Renzi, il quale, anche per il settore-Scuola, si allinea sul percorso già tracciato da decenni dai protocolli del Fondo Monetario Internazionale e della sua filiazione OCSE, le grandi centrali del lobbying finanziario mondiale. Da notare il fatto che l'OCSE ha potuto rifarsi una verginità presso l'opinione degli insegnanti semplicemente con qualche generico appello ad aumentare gli stipendi degli stessi insegnanti; un richiamo ambiguo e del tutto funzionale alla linea dei premi al "merito".
Renzi non inventa nulla neppure quando si atteggia a vittima e incompreso ogni volta che deve varare una cosiddetta "riforma". La scomparsa della politica e di ogni progettualità sociale riduce i politici a lobbisti, che trovano nel vittimismo il paravento ideologico con cui mascherare le loro sordide intenzioni. La morte della politica in Italia risale addirittura al 1976, con il primo inchino del governo Andreotti di allora ai diktat del Fondo Monetario Internazionale.
Era pressoché scontato che negli anni '70, in un contesto di scontri sociali ed a fronte di un assoluto monopolio informativo da parte del potere, una frazione del movimento di opposizione desiderosa di "visibilità" adottasse la linea della propaganda armata; senza considerare però che proprio quel monopolio informativo avrebbe consentito di rovesciare la propaganda armata nel suo contrario, cioè nel costante lamento vittimistico dello Stato e dei padroni. Oggi il vittimismo dei potenti è diventato il principale collante ideologico ed il fattore identitario del Sacro Occidente, dominato da un lobbying che ha come unica prospettiva il saccheggio del denaro pubblico.
Ancora una volta, per farsi un alibi ideologico, il lobbying può parassitare i discorsi di parte dell'opposizione, che si batte contro una mitica, quanto inesistente, "aziendalizzazione" della Scuola. In realtà i vecchi istituti tecnici e professionali erano già delle aziende, che si confrontavano alla pari con i gruppi industriali, i quali si presentavano umilmente nella Scuola a reclutare i loro quadri. Se l'ENI e l'ENEL sono potuti sorgere da un giorno all'altro, lo devono a quegli istituti tecnici liquidati dalla Gelmini senza clamore di titoli di giornali; ciò a riprova del fatto che i veri cambiamenti sfuggono al cosiddetto "dibattito democratico" e sono dissimulati tra le notizie-esca.
Attualmente la "Scuola Azienda" è solo uno slogan di copertura per il solito assistenzialismo per ricchi. Dal 2003 i governi italiani già riservano una costante pioggia di soldi per le imprese private che fingano di impegnarsi nella "formazione" degli studenti. Il Decreto 761 dello scorso ottobre va nella stessa direzione. Gli undici milioni di euro stanziati ultimamente possono forse apparire poca cosa, ma è la somma che fa il totale.
Assistenzialismo per ricchi oggi significa anzitutto assistenzialismo per banchieri, e infatti tra le aziende favorite da questi progetti di "alternanza Scuola-Lavoro" ci sono le banche. Non poteva mancare Unicredit, che si fa pagare dallo Stato per addestrare gli studenti alla tecnica bancaria. Almeno questo è l'alibi ufficiale.
Ci si è accorti però che, a spese dello Stato (o, meglio, del contribuente), banche come Unicredit possono soprattutto usare la Scuola per pubblicizzare e vendere i loro prodotti finanziari, come i famosi prestiti agli studenti in stile americano, che ridurranno i laureati a degli indebitati a vita. L'aspetto grottesco è che questi prestiti agli studenti siano stati battezzati "prestiti d'onore", forse per illudere gli stessi studenti che al momento di pagare potranno sempre cavarsela raccontando quattro balle, come avviene a Scuola. Al contrario, gli studenti, ed a volte anche i loro genitori, sono vincolati da firme sotto clausole-capestro che li schiavizzano per l'intera esistenza.
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