Commentario
ANCHE I LACCHÈ HANNO UNA FALSA COSCIENZA
I "colloqui al vertice" avviati da Walter Veltroni hanno inaugurato
l'ennesima "stagione delle riforme istituzionali". Tutto ciò va
inquadrato nella situazione di subordinazione coloniale in cui l'Italia
si trova.
È tipico del colonialismo camuffare le sue aggressioni mirate ad
obiettivi affaristici come se fossero invece degli scontri di modelli
politico-sociali o di civiltà, perciò ogni resistenza al
colonialismo stesso viene etichettata come "antistorica", come un
rifiuto del progresso e della modernizzazione. Ciò spesso
può determinare nei popoli colonizzati una falsa coscienza, che
sposta i termini della questione dalla difesa nei confronti
dell'aggressione coloniale in sé, ad un'ansia di adeguamento ai
modelli astratti con cui il colonizzatore giustifica la sua aggressione.
È quello che sta avvenendo oggi nel dibattito politico italiano.
Un Paese espropriato del suo territorio da basi militari straniere che
sono centri di contrabbando ed evasione fiscale, un Paese che non
può più battere moneta e difendere le sue esportazioni,
un Paese a cui viene impedito dalle multinazionali di avere una sua
politica energetica ed una sua ricerca tecnologica, cosa fa?
Un Paese espropriato sposta la sua attenzione su riforme
costituzionali, leggi elettorali e nuovi aggregati partitici, in modo
da diventare sempre più simile ai modelli del Paese
colonizzatore.
La falsa coscienza svolge anche un ruolo di "protezione" nei confronti
di un'opinione pubblica che si sentirebbe smarrita di fronte alla
gravità dei problemi. L'avventura afgana costituisce da questo
punto di vista un esempio sconcertante: il governo italiano deve
sostenere spese crescenti per far parte di una missione della NATO, il
cui effetto è che l'Italia viene oggi inondata da eroina
derivata dall'oppio di cui la NATO cura la coltivazione in Afghanistan,
oppio che poi la stessa NATO smista in Europa grazie ai privilegi di
extraterritorialità delle sue basi. Ogni Paese colonizzato deve
infatti sostenere un prelievo fiscale sempre più oppressivo in
modo da poter finanziare non servizi, ma imprese affaristiche che
lucrano ai danni dello stesso Paese colonizzato.
Anche le ribellioni e le critiche al sistema di dominio sono
condizionate dalla falsa coscienza, perciò alla fine risultano
sempre drasticamente al di sotto della reale entità dei
problemi. Ciò è stato evidente con il V-Day, i cui
bersagli non erano la NATO e l'Unione Europea, ma i "politici".
Gran parte dell'opinione pubblica è davvero convinta che i
nostri guai derivino dal fatto che l'Italia non sia ancora una "vera
democrazia" come gli Stati Uniti, e quindi chiede ai nostri
politici di adeguarsi a quel modello, il che è esattamente
quello che i politici si sforzano di fare, omettendo però di
avvertirci che il ceto politico statunitense non è affatto
"vicino alla gente", ma è il più corrotto e privilegiato
del mondo.
D'altro canto anche questi politici - che una volta venivano chiamati i
"lacchè" del colonialismo - vivono una loro falsa coscienza, che
li conduce ad imitare i modelli imposti dal colonialismo con un sincero
entusiasmo e con un autentico senso di identificazione. Veltroni
è davvero convinto di condurci ad una sorta di Terra Promessa,
in cui spera di realizzare non l'interesse dei cittadini, ma la sua
personale ambizione, che è quella di essere accolto finalmente
alla corte dei dominatori come se fosse uno di loro. Ma Veltroni, e
quelli come lui, si illudono, come già successe a suo tempo a
Craxi.
La falsa coscienza dei lacchè del colonialismo consiste appunto
nel sottovalutare il razzismo dei colonizzatori. Le oligarchie
dominanti vivono infatti anch'esse una propria falsa coscienza, che
consiste nel vedersi non come gruppi criminali e affaristici favoriti
dalle circostanze, bensì come una vera razza eletta che avrebbe
il diritto di dominare il mondo. Nella loro presunta élite
esclusiva, non ammetterebbero mai esponenti di razze inferiori, neppure
in funzione
subordinata.
29 novembre 2007