Commentario

QUANDO L'INDEBITAMENTO È  POTENZA


Per una strana coincidenza, non appena il governo cinese stringe accordi per il commercio o per la costruzione di infrastrutture energetiche con un certo Paese, immediatamente Bush si accorge che quel Paese ha bisogno di iniezioni di democrazia. È appena successo con la Birmania, ed ora sta succedendo con il Pakistan. Probabilmente c'è anche una diretta connessione tra i due eventi, poiché il petrolio ed il gas che la Cina estrae dalla Birmania-Myanmar dovrebbero passare proprio per oleodotti e gasdotti da costruire in Pakistan.

La pazienza che il governo cinese dimostra nei confronti della guerra commerciale dichiaratagli da Bush, risulta del tutto spiegabile se si considera che oggi la Cina è il maggiore creditore degli Stati Uniti.
Per un tipico paradosso finanziario, quando l'indebitamento supera una soglia critica, è il creditore a diventare dipendente del debitore. Se i titoli di credito emessi dal Tesoro americano crollassero, il contraccolpo investirebbe per prima la Cina, che quei titoli ha comprato più di chiunque altro. Quando supera certi limiti, l'indebitamento è potenza.
Per questo motivo il governo cinese è diventato il garante della situazione di supremazia finanziaria che, nonostante tutto, gli Stati Uniti possono continuare a rivendicare. È stato infatti il governo cinese a non dare seguito alla proposta iraniana di sostituire il dollaro con l'euro come moneta internazionale di pagamento del petrolio. Anche l'Opec, nel dichiarare inattuabile la proposta iraniana, non ha fatto altro che rispecchiare il parere di quello che oggi è il suo principale acquirente.
I due Paesi che oggi detengono la supremazia economica mondiale, gli Stati Uniti e la Cina, hanno stabilito una relazione in cui alla beata e avventuristica irresponsabilità del debitore, corrisponde la cautela persino eccessiva del creditore che si è accorto di essersi troppo compromesso.

D'altro canto la prudenza cinese non fa altro che rendere il gioco americano ancora più arrischiato. Spingere il prezzo del petrolio a cento dollari sarebbe stato un azzardo impensabile, se  Bush non avesse potuto contare sulla forzata connivenza del governo cinese.

In Europa gli opinionisti ufficiali meditano gravemente sugli effetti destabilizzanti di quelli che si ostinano a chiamare gli "errori di Bush". Nessuno riflette sul fatto che l'inizio della instabilità finanziaria, con lo sganciamento del dollaro dall'oro, e l'aumento vertiginoso dei prezzi del petrolio hanno una approssimativa coincidenza temporale con il ristabilimento dei rapporti diplomatici tra Pechino e Washington. Nel 1972 è nato un rapporto commerciale e finanziario tra Stati Uniti e Cina che è stato determinante nel far saltare i rapporti di forza planetari, nel mettere alle corde l'Unione Sovietica e nel sottomettere definitivamente l'Europa.

Se fosse davvero esistito quell'imperialismo europeo di cui si è tanto parlato, esso avrebbe dovuto avere allora come naturale interlocutore e alleato proprio l'Unione Sovietica, e  invece in quel periodo nacque in Francia la nuova stagione della propaganda anticomunista. Nel 1973 i governi europei inoltre reagirono al primo shock petrolifero organizzando quel deprimente rituale di sottomissione collettiva che furono le domeniche senza traffico.

A distanza di più di trenta anni, i termini effettivi della questione sono ancora questi, e ciò che li potrebbe far cambiare sarebbe solo la fine della relazione privilegiata tra Usa e Cina.

15 novembre 2007      



A seguire "Appendice poetica" di Poly

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