Commentario
EUROPA SUICIDA IN NOME DELL'ANTICOMUNISMO
Il governatore della Banca D'Italia Draghi ha riscosso l'incauta
approvazione di Rifondazione Comunista, allorché ha lamentato il
basso livello dei salari italiani rispetto allo standard europeo.
L'approvazione era incauta per due motivi.
Anzitutto Draghi non pensava a veri aumenti del salario, ma ad una sua
defiscalizzazione, cosa che costituirebbe di fatto un altro regalo al
padronato. Inoltre è il mitico "salario europeo" che ormai sta
diventando una chimera per la stessa Europa, che si sta rapidamente
adeguando allo standard salariale italiano. I salari francesi stanno
calando da anni in termini di potere d'acquisto reale, mentre lo Stato
sociale francese viene smantellato, e proprio in questi giorni sono
state poste le premesse perché ciò avvenga in tutta
Europa.
È stato appena deliberato l'allargamento sino agli Stati Baltici
dell'area di libera circolazione europea, una decisione presentata
dalla propaganda ufficiale come la caduta dell'ultima "Cortina di
Ferro", una "grande conquista di libertà" per dei popoli che
erano stati per decenni sotto il totalitarismo comunista. Il pensiero
dei commentatori ufficiali è andato commosso a tutti quei
cittadini dei Paesi dell'Est che fuggivano in cerca di libertà e
benessere, dimenticando però di aggiungere che ora essi sono di
nuovo costretti a fuggire, e non più dal comunismo, ma dallo
stato di miseria e umiliazione loro riservato dall'avvento della
"democrazia" e del "mercato", che sono i nomi in codice utilizzati
dalla colonizzazione statunitense. È impressionante come questa
colonizzazione abbia determinato una esplosione di tutte le forme di
business del parassitismo nei confronti della povertà,
gravandola di intermediazioni, sia per accedere all'indebitamento, che
per poter pagare questi debiti accedendo
all'emigrazione.
L'ondata migratoria che si sta realizzando riguarda personale
qualificato, come ingegneri che sono costretti a cercare fuori del
proprio Paese una remunerazione che gli consenta di sopravvivere. Sono
ormai anni che ingegneri provenienti dai Paesi dell'Est trovano lavoro
in Europa, ma per esser pagati molto meno di quello che pensavano e
contribuendo a far scendere le retribuzioni anche dei loro colleghi di
origine occidentale.
Questo tipo di migrazione rappresenta quindi una doppia tragedia
poiché priva i Paesi di origine di personale qualificato,
deprimendo strutturalmente la loro capacità produttiva, e poi
perché contribuisce ad abbassare in generale le retribuzioni dei
tecnici, determinando anche una demotivazione delle famiglie a far
studiare i figli.
Insomma, non sono i Paesi dell'Est che si avviano ad adeguarsi allo standard europeo occidentale, ma è il contrario.
Nell'ondata di propaganda anticomunista di questi giorni - in cui si
inquadra anche il solito libro natalizio di Giampaolo Pansa - si scorge
però non solo la volontà di confondere le idee della
popolazione, ma anche l'indizio di un'autentica confusione mentale dei
gruppi dirigenti europei.
È come se le oligarchie europee volessero convincere soprattutto
se stesse che la condizione di sudditanza coloniale a cui si stanno
consegnando, è un sacrificio necessario per garantirsi contro
qualsiasi pericolo di avanzata delle istanze operaie e popolari.
Si è di fronte ad un fenomeno di lungo periodo, già
illustrato da Bakunin in "Stato e Anarchia", quando osservava che la
borghesia francese nella repressione della Comune di Parigi nel 1871 -
che comportò un aperto collaborazionismo con gli invasori
prussiani - avesse finito per sacrificare anche le proprie ambizioni di
grande potenza.
Anche nel 1940 la borghesia francese si consegnò ad Hitler in
nome dell'anticomunismo, dopo una disfatta militare in cui a tutt'oggi
molti aspetti rimangono non spiegati dalla storiografia ufficiale, che
se la cava con la solita falsa storiella della Linea Maginot aggirata
dalla guerra lampo tedesca. Ciò che fa oggi un Pansa, proviene
da decenni di falsificazione storica. Basti pensare che in libri e
documentari storici il governo collaborazionista francese viene
indicato spesso con l'espressione "Repubblica di Vichy", mentre nella
carta costituzionale voluta dal Maresciallo Pétain non compare
mai il termine "repubblica", e la Francia è indicata
semplicemente come Stato. Il delirio reazionario integrale di
Pétain implicava persino una sorta di restaurazione monarchica,
come se la Rivoluzione Francese fosse stata l'origine e l'antesignana
del pericolo comunista.
De Gaulle è stato l'unico statista francese del ‘900 che
ha compreso che la pregiudiziale anticomunista avrebbe consegnato la
Francia al colonialismo statunitense. Quando riprese il potere nel
1958, De Gaulle preparò per prima cosa l'uscita della Francia
dalla NATO. Nel 1966 De Gaulle attribuì l'intera
responsabilità della guerra del Vietnam agli Stati Uniti,
perciò ne chiese il ritiro militare. Per comprendere
l'importanza di quella posizione, si deve considerare che nello stesso
periodo il leader dei Paesi Non Allineati, il presidente jugoslavo
Tito, ancora faceva a proposito del Vietnam la politica del colpo al
cerchio e del colpo alla botte.
Oggi invece è il "gollista" Sarkozy a consegnare la Francia e
l'Europa al colonialismo statunitense, una politica di sottomissione
preparata culturalmente e ideologicamente da decenni, se si
considera che dalla fine degli anni '70 la Francia è diventata
la patria culturale del nuovo anticomunismo.
30 ottobre 2007