Commentario
LE TASSE SERVONO A PAGARE LE PRIVATIZZAZIONI
Come era prevedibile, Walter Veltroni ha organizzato la sua campagna
per la candidatura a leader del Partito Democratico come una cavalcata
attraverso i miti americani. Dopo aver evocato Kennedy e Clinton,
Veltroni si è messo anche ad interpretare la parte di Ronald
Reagan, presentandosi come condottiero della rivolta antifiscale, il
che gli ha fatto meritare il plauso del presidente di Confindustria,
Montezemolo.
Il messaggio di Reagan era di una semplicità e falsità
elementari: non bisogna attaccare la ricchezza, perché questa va
a vantaggio di tutti, perciò, diminuendo le tasse, si
produrrà più ricchezza ed anche il fisco potrà
giovarsi del suo aumento. L'economista John K. Galbraith
sintetizzò sarcasticamente questa dottrina con l'apologo della
biada al cavallo: più biada dai al cavallo (il ricco),
più vantaggio ne avranno le mosche (i poveri), quando andranno
sulla sua merda. Ma, nonostante il suo sarcasmo, Galbraith si era
rivelato troppo ottimista.
Il presidente Reagan diminuì le tasse, ma di ciò si
giovò soltanto chi aveva alti redditi, dato che, come era ovvio,
il fisco vide calare le sue entrate. Eppure Reagan non ridusse la spesa
pubblica, anzi aumentò a dismisura le spese militari e quindi le
commesse alle industrie militari. Come riuscì in questo miracolo?
Indebitandosi. Ma non indebitandosi all'interno, bensì
all'estero. Oggi il debito pubblico statunitense è finanziato
soprattutto dalla Cina. Quindi il cavallo mangia di più
indebitando le mosche.
Con l'espediente dell'indebitamento, Reagan - o, per meglio dire, il
gruppo affaristico che lo aveva fatto eleggere - riuscì a
drogare l'industria degli armamenti, ma condannò ugualmente gli
Stati Uniti ad un irreversibile decadimento delle infrastrutture. Nel
1984 le Olimpiadi di Los Angeles offrirono in diretta televisiva al
mondo lo spettacolo squallido di impianti sportivi obsoleti, fatiscenti
o addirittura improvvisati con assi di legno e tubi metallici, ma pochi
telecronisti ebbero il coraggio di mostrare di accorgersene.
La versione reaganiana del liberismo determinò una
pauperizzazione crescente e inarrestabile non solo dei ceti popolari,
ma anche della classe media. I consumi vennero tenuti alti tramite un
ulteriore indebitamento, quello dei consumatori, che presero, e
continuano prendere, prestiti da agenzie finanziarie nate allo scopo.
Questo modello è stato importato anche in Europa, ed oggi in
Italia gran parte della pubblicità riguarda proprio l'offerta di
prestiti da parte di questo tipo di finanziarie.
Grazie ai debiti, gli Americani continuano a viaggiare e devono
constatare che Paesi come il Portogallo, la Grecia o la Turchia offrono
ai propri cittadini un livello di vita superiore al loro. In molte zone
degli attuali Stati Uniti anche una casa di mattoni è un lusso
che pochi possono permettersi. Ci sono poi intere generazioni di
Americani che nascono e vivono nei camper. In Europa i libri ed i film
di Michael Moore sono visti come un fenomeno di radicalismo
rivoluzionario e persino "antiamericano", mentre negli Stati Uniti sono
interpretati come espressione di un punto di vista moderato che cerca
di riassorbire lo scontento nella dialettica elettorale.
L'Europa ha fornito al reaganismo ed ai suoi disastri il supporto di
un'omertà mediatica senza precedenti, tanto più se si
considera che storicamente l'atteggiamento degli Europei nei confronti
degli Stati Uniti è sempre stato quello celebrativo ed
apologetico. Con il reaganismo si è andati oltre, tanto che
questo tipo di liberismo è stato adottato servilmente dai
governi europei, pur omettendo il dettaglio fondamentale
dell'indebitamento con l'estero.
L'Italia non è certo una potenza tale da potersi permettere di
drogare la propria economia finanziandola con il debito estero, ma deve
continuare a fare affidamento sul prelievo fiscale. La "rivolta
fiscale" in Italia rimane un'espressione non solo ipocrita, ma vuota.
Berlusconi non ha realmente diminuito le tasse, mentre Prodi le sta
aumentando, perché non può fare altrimenti, dato che deve
andare incontro al nuovo business, la nuova terra promessa, a cui il
messia Montezemolo vuole condurre i confindustriali: la privatizzazione
dei servizi della pubblica amministrazione. Si tratta di un fenomeno
peraltro già avviato, e propagandato attraverso gli articoli di
Pietro Ichino sul "Corriere della Sera". I pensionamenti e le mancate
assunzioni nella pubblica amministrazione vengono compensati attraverso
l'appalto delle sue funzioni a ditte private. Tutto questo determina un
aumento della spesa pubblica, e quindi delle imposte e delle tasse.
Ciò non costituisce un'assoluta novità nella Storia
italiana. Nei primi decenni del '900, le infrastrutture elettriche
furono costruite e pagate dai governi attraverso l'imposizione fiscale,
poi privatizzate fornendo allo stesso modo ai nuovi padroni le risorse
per rilevarle e gestirle. Infine l'energia elettrica fu nuovamente
nazionalizzata, ma furono ancora i contribuenti a pagare per decenni
sulle bollette il risarcimento agli antichi padroni. La mitologia del
capitalismo privato, del "Mercato" e degli "imprenditori" serve appunto
a mistificare questo continuo saccheggio della spesa pubblica.
5 luglio 2007