Commentario
L'IMPERIALISMO IMPOSSIBILE
La vicenda dei marinai della Royal Navy fattisi catturare dagli
Iraniani appare contraddittoria. È chiaro che la versione dei
fatti fornita dal governo britannico non sta in piedi. Attualmente il
Golfo Persico è affollato dalla flotta statunitense e da quella
britannica, perciò la storia dei protervi iraniani andati a
"sequestrare" i poveri marinai britannici appare impossibile. Solo
inoltrandosi di parecchio nelle acque territoriali iraniane, i
britannici potevano mettersi in condizione di farsi bloccare e
catturare.
Il tutto si delinea quindi come una provocazione che serva a fornire il
pretesto per un bombardamento "preventivo" delle presunte
installazioni nucleari iraniane da parte degli Stati Uniti. Qualcosa di
analogo era stato imbastito l'anno scorso dal governo israeliano con la
assurda storiella dei soldati israeliani "rapiti" dagli Hezbollah.
D'altro canto tutta la vicenda dei marinai inglesi è tenuta su
un profilo decisamente basso, dato che da tempo non occupa le prime
pagine dei giornali, dando modo all'opinione pubblica di
dimenticarsene. Se si voleva giustificare un attacco, i toni
dell'indignazione rituale avrebbero dovuto essere molto più alti.
Le contraddizioni non finiscono qui. Oggi gli Stati Uniti possono
occupare l'Iraq solo grazie alla connivenza dell'Iran, che fa sì
che gli Sciiti iracheni o collaborino decisamente con gli occupanti o
si tengano su una posizione di non aperta ostilità, come nel
caso delle milizie di Al Sadr. Se gli Stati Uniti attaccassero l'Iran,
i loro convogli di rifornimenti dal Sud diverrebbero un facile
bersaglio delle milizie sciite che controllano il territorio.
In una situazione così complicata quale può essere il senso della provocazione organizzata dai Britannici?
L'intervento di Zbigniew Brzezinski - già consigliere per la
sicurezza nazionale sotto la presidenza Carter -, la cui
traduzione è stata pubblicata su "La Repubblica" del 26 marzo,
sembrerebbe indicare che oggi negli Stati Uniti c'è una diffusa
posizione apertamente contraria ad un allargamento del conflitto
mediorientale, che renderebbe eccessiva l'esposizione militare
statunitense. È possibile perciò che la provocazione
anglo-americana abbia dovuto bloccarsi a causa delle resistenze interne
agli stessi Stati Uniti, resistenze che sembrano riguardare soprattutto
settori militari.
Il paradosso della situazione è che l'attuale velleitarismo
dell'Iran è il prodotto delle scelte statunitensi, in
particolare dell'invasione dell'Iraq, che ha conferito potere
contrattuale al governo iraniano. Dall'invasione dell'Iraq, e dal
conseguente aumento del prezzo delle materie prime, è derivato
anche lo slancio del colonialismo commerciale della Russia sulle ex
province dell'impero sovietico. Ciò aumenta il risentimento
degli ex sudditi verso l'ex padrone russo e li getta ancora di
più nelle braccia degli Stati Uniti e della loro politica
contraddittoria.
La costante che viene fuori dalle vicende degli ultimi anni è
che gli Stati Uniti non hanno una politica imperiale, ma si muovono in
base ad esigenze a breve termine del loro colonialismo
commerciale. Tutte le teorie di politica internazionale dei cosiddetti
"Neocons" americani si riducono a formule propagandistiche che sono
servite a giustificare di volta in volta delle operazioni
militari/affaristiche, come il traffico di petrolio in Iraq ed il
traffico di oppio in Afghanistan.
Il fenomeno Chavez in Venezuela è anch'esso un prodotto
indiretto delle mosse di Bush, che hanno finito per fornire nuove carte
da giocare e nuovi protettori ai produttori di materie prime nel
cosiddetto Terzo Mondo.
Dove Bush continua a non avere eccessivi problemi è in Europa.
Sebbene analizzato con meticolosità da alcuni settori della
sinistra comunista, e auspicato da alcuni settori della destra,
l'imperialismo europeo non ha mai decollato. L'Euro è rimasto
una operazione di colonialismo interno alla stessa Europa che non ha
particolarmente rilanciato l'economia dei Paesi forti come la Germania
e la Francia, mentre ha definitivamente ridimensionato quella dei Paesi
deboli come l'Italia.
La Germania ha contribuito a destabilizzare l'impero sovietico per
crearsi una serie di Stati slavi satelliti, ma poi si è vista
scavalcata dagli Stati Uniti, dall'allargamento della NATO e dagli
accordi bilaterali imposti da Bush ai Paesi dell'Europa
Orientale, agitati propagandisticamente come "nuova Europa" proprio in
funzione anti-tedesca.
La cosiddetta Europa oppone al massimo una resistenza passiva
alla pressione militare degli Stati Uniti, e ciò non in nome di
una strategia alternativa, ma a causa delle remore delle proprie caste
militari, che sono restie a collaborare militarmente con gli
Stati Uniti di cui conoscono la strutturale inaffidabilità.
Il punto è che non solo non ci sono imperialismi alternativi a
quello americano, ma non c'è neppure un imperialismo americano.
Quello degli Stati Uniti non è definibile come imperialismo, ma
come avventurismo affaristico/criminale.
L'emergere della caotica superpotenza americana nel corso del
‘900 è stata proprio l'effetto della generale
impossibilità di un imperialismo, cioè di un dominio
capace di darsi un ordine e delle prospettive aldilà
dell'affarismo a breve scadenza.
29 marzo 2007