Commentario
LA STUPIDITÀ DI BUSH NON SPIEGA TUTTO
Il sequestro di Daniele Mastrogiacomo aveva complicato le cose per il
governo italiano e per la sua presenza militare in Afghanistan, ma il
successo delle trattative per la liberazione del giornalista le
complica ancora di più.
È evidente il timore di ritorsioni americane, analoghe a quelle
che condussero all'assassinio di Nicola Calipari in Iraq. La voce degli
Stati Uniti si è già fatta sentire per bocca dell'ex
ministro leghista Calderoli, che ha insinuato di rapporti
inconfessabili tra il governo italiano ed i cosiddetti Talebani, nome
con cui la propaganda del cosiddetto Occidente etichetta tutte le
formazioni della resistenza afgana.
Lo scopo prioritario del sequestro da parte dei guerriglieri afgani era
chiaramente quello di aprire un canale diplomatico con uno dei governi
che occupano militarmente l'Afghanistan, cosa che smentisce lo
stereotipo, tutto occidentale, del fanatico terrorista islamico
assetato di sangue. Il precedente di Renato Farina - giornalista di
"Libero" e agente del SISMI, che ha ammesso di aver svolto
attività di spionaggio per la NATO durante l'ultima guerra
balcanica - dimostra che l'ipotesi che Mastrogiacomo fosse una spia non
può essere liquidata come il solito delirio paranoico di menti
fanatiche. Ciononostante i guerriglieri non hanno agito in base ad una
mera logica di vendetta, ma hanno manifestato la volontà di
ricercare una soluzione alla guerra.
Il governo italiano si è quindi incontrato con una precisa
volontà di trattativa della controparte e non poteva sottrarsi a
questa possibilità senza dare l'impressione di aver abbandonato
Mastrogiacomo. Non si tratta, una volta tanto, di ambiguità del
governo italiano, ma del fatto che la situazione afgana non corrisponde
al quadro che impone la propaganda ufficiale. La rigidità e
l'aggressività pregiudiziale in questa vicenda risultano essere
connotati della politica statunitense e non di quella dei suoi nemici.
Una eventuale ritorsione statunitense nei confronti degli "alleati"
italiani rafforzerebbe questa impressione generale, ma sarebbe un
errore pensare che gli Stati Uniti si preoccuperebbero di problemi di
immagine. Oggi da parte americana non c'è una politica di
pubbliche relazioni nei confronti dell'Europa, ma tutto viene imposto
con brutalità ed anche con menzogne plateali sino all'insolenza.
È recente la decisione di Bush di installare in Polonia un
sistema antimissile, giustificandolo con la necessità di
difendere l'Europa da attacchi atomici … iraniani. Dato che
l'Iran non potrà disporre in tempi preventivabili della bomba
atomica - e soprattutto del tipo di missili in grado di lanciarla -,
questa decisione americana sa, a prima vista, di atteggiamento
aggressivo verso la Russia. In questo Bush sfrutta anche il rancore
della Polonia verso gli ex padroni russi, i quali oggi non le
forniscono più materie prime alle vecchie condizioni
vantaggiose, e rifiutano anche di sostenere l'agricoltura polacca
aprendosi alle esportazioni, come avveniva ai tempi dell'impero
sovietico.
Ma l'atteggiamento misurato, e persino ironico, che il presidente russo
Putin ostenta in questa situazione, contrasta con l'imbarazzo dei
governi europei, i quali dopo aver ammesso che la scelta americana
costituisce una grave provocazione verso la Russia, poi si accontentano
del fatto che l'installazione del sistema antimissile avvenga
attraverso un accordo bilaterale tra USA e Polonia e non nel quadro
della NATO. Questo però è soltanto un espediente
pseudo-giuridico, dato che le implicazioni del sistema antimissile
coinvolgono direttamente lo schieramento NATO.
Il punto è che oggi il controllo statunitense nei confronti
dell'Europa ha assunto profondità e dimensioni che è
ancora difficile quantificare. Bush può costringere senza
difficoltà i governi europei a digerire l'installazione di
sempre nuovi impianti militari. Tali impianti, se si considera
l'atteggiamento distaccato del governo russo, suonano più come
una crescente occupazione statunitense dell'Europa che come una vera
minaccia alla Russia.
In questi giorni alcuni commentatori - tra cui si distingue
Vittorio Zucconi - cercano di convincerci che con il congedo di Bush il
peggio passerebbe. Con un nuovo presidente americano, che fosse
meno stupido e aggressivo di quello attuale, vi sarebbero le condizioni
per ristabilire relazioni normali tra USA ed Europa.
Ma le relazioni tra Stati Uniti ed Europa sono mai state "normali"?
Anche il velleitarismo e l'avventurismo dell'attuale governo polacco
somigliano a quello della Polonia degli anni '30, anch'essa una
dipendente degli Stati Uniti. Con Bush stanno venendo al pettine certi
nodi della Storia europea, ma, a guardar bene, ciò era
cominciato anche prima di Bush. L'aggressione militare esplicita contro
l'Europa è stata avviata dal presidente democratico Clinton. Il
misero crollo militare della Serbia nel 1999 - specialmente se
confrontato con la resistenza attuale dell'Iraq e dell'Afghanistan -
indica che in Europa gli Stati Uniti dispongono di molti più
strumenti di controllo di quanto comunemente si creda.
22 marzo 2007