Commentario
COLONIALISMO, DENOMINATORE COMUNE
Secondo quanto riportato dai media, Saddam Hussein, udita la
sentenza che lo condannava a morte, avrebbe gridato "Allah è
grande!". Alla fine degli anni '70, Saddam Hussein era a capo di un
regime più che laico, addirittura ateo, che si vantava di aver
svuotato le moschee, e cercava di imporre una identità comune ai
suoi cittadini in nome del nazionalismo iracheno. Sennonché la
nazione irachena era soltanto un'invenzione del colonialismo
britannico, che aveva preso tre province dell'ex Impero Ottomano e le
aveva tagliate e ricucite assieme a colpi di riga sulla carta
geografica.
In un modo o nell'altro, quindi, il colonialismo riesce a segnare punti
nella sua guerra psicologica, dato che costringe Saddam a rivendicare
un'inesistente identità islamica, ciò in un Paese in cui
Sciiti e Sunniti si scannano inneggiando allo stesso Dio - anche se la
vera contrapposizione è etnica e non religiosa -, ma i primi
collaborando con gli occupanti statunitensi e i secondi combattendoli.
In tal modo il pubblico "occidentale" potrà continuare ad avere
l'illusione che esista uno scontro di civiltà tra cristianesimo
e islamismo.
È caratteristico del colonialismo ricondurre i suoi avversari a
false identità e false alternative, ed anche riuscire ad imporre
una sorta di complicità pur nel conflitto. In questi giorni sia
la propaganda americana che quella iraniana hanno espresso
soddisfazione per la condanna a morte di Saddam, e in questo c'è
una logica, perché gli Stati Uniti non potrebbero continuare
l'occupazione dell'Iraq senza la collaborazione dell'Iran, tutore degli
Sciiti iracheni. Negli stessi giorni sono avvenute però anche le
manovre navali statunitensi nel Golfo Persico in funzione
anti-iraniana.
Del resto il presidente iraniano Ahmadinejad, che oggi la propaganda
americana dipinge come il nuovo Hitler, è colui che a
metà degli anni '80 collaborava con il presidente americano
Reagan nell'affare Iran-Contras. Ciò non vuol dire
necessariamente che Ahamadinejad sia un agente degli Stati Uniti, ma
forse solo che, oggi come allora, egli dimostra di non avere una
sensibilità anticolonialistica. Negli anni '80 Ahmadinejad non
dimostrava nessuna solidarietà per il Nicaragua aggredito dagli
Stati Uniti attraverso la guerriglia dei Contras; colui che poi sarebbe
diventato l'attuale presidente dell'Iran sembrava preoccuparsi solo
degli interessi iraniani, eppure era stato il governo americano a
favorire ed armare nel 1980 l'aggressione di Saddam Hussein nei
confronti dello stesso Iran.
Il colonialismo si fonda quindi su intrecci con le proprie vittime:
Saddam e Ahmadinejad sono stati sempre nemici tra loro, ma entrambi
sono stati, se non amici, almeno alleati degli Stati Uniti.
L'anticolonialismo sembra perdente perché troppo complicato:
stordisce con i suoi troppi riferimenti, richiede troppo senso delle
distinzioni e troppa memoria storica. Ma per certi versi è anche
molto semplice, perché il denominatore comune di tante
situazioni apparentemente diverse di oppressione, sia esterne che
interne al cosiddetto Occidente, in realtà è proprio il
colonialismo.
Comidad, 9 novembre 2006