Commentario
GUANTANAMO: LE SBARRE DELLA RETORICA
La sentenza pronunciata una settimana fa dalla Corte Suprema degli
Stati Uniti è stata l'occasione per una ulteriore dimostrazione
di come la democrazia americana sia accreditata per un meccanismo
puramente fideistico, che non solo non ha nessun aggancio con la
realtà, ma addirittura si alimenta delle sue stesse smentite.
Allo stesso modo in cui ci sono persone che, ad ogni disgrazia che gli
capita, si convincono sempre più dell'esistenza di un Dio buono.
Una settimana fa la Corte Suprema ha detto a Bush, che la prigione di
Guantanamo è illegale, ma anche che, se vuole, può sempre
promettere di legalizzarla. Bush allora saluta con soddisfazione la
sentenza affermando, trionfalmente, che nessuna scarcerazione è
in vista per i prigionieri di Guantanamo.
Le prima pagine dei giornali italiani - e anche europei - titolano,
invece, altrettanto trionfalmente, che la Corte Suprema avrebbe
"bocciato" Bush. In realtà non lo ha bocciato, ma, come si fa
oggi, gli ha dato un "corso di recupero": visto che sei
nell'illegalità, allora datti da fare per dichiarare che
inventerai una legislazione ad hoc.
La sentenza della Corte Suprema è stata in effetti misera,
poiché i giudici non hanno dimostrato neppure un po' di orgoglio
di categoria, non hanno nemmeno affermato che è ai giudici e non
al governo che spetterebbe giudicare i reati. Non hanno rilevato che i
prigionieri di Guantanamo non potevano avere uno status di prigionieri
di guerra, poiché, ufficialmente, nessuna guerra è in
atto. "Guerra al terrorismo" è solo un modo di dire, non ha
nessun inquadramento giuridico. Oggi le figure retoriche, le iperboli e
le metafore, possono sostituire la legge, ed il massimo organo di
tutela del diritto degli Stati Uniti suggerisce al suo presidente
l'espediente di avviare la procedura per varare una legge, tanto
c'è tempo, perché un termine per la scarcerazione dei
prigionieri non viene imposto. Però, visto che fare una legge
coerente non sarà possibile, allora la promessa di una legge
dovrebbe bastare.
È ovvio che la campagna di stampa sulla sentenza della Corte
Suprema è stata orchestrata per sostenere la continuità
dell'impegno europeo ed italiano in Afganistan, ma ciò non
può risolvere la questione della credulità europea verso
il mito della democrazia americana. Uno storico di grande ingegno ed
acume critico come Gaetano Salvemini era capace di descrivere la
democrazia italiana nei suoi reali meccanismi di funzionamento
illegali. Quegli stessi episodi di illegalità che suscitavano la
sua indignazione e la sua denuncia quando accadevano in Italia, non
riusciva però neppure a vederli se gli si presentavano davanti
negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna, dove pure soggiornò a
lungo.
Anche altri grandi intellettuali come Guido Dorso o Leonardo Sciascia
non riuscivano a percepire il mondo anglosassone nei suoi contorni
reali, sospendendo il loro proverbiale senso critico. Nella cultura
"laica" e "occidentale" gli Anglosassoni svolgono il ruolo di surrogato
di Dio, costituiscono un parametro idealizzato e mitizzato che sfugge
ad ogni riscontro dei fatti. Nel mondo anglosassone - ma solo nel mondo
anglosassone - il difetto è un segno di perfezione,
perché "è tipico della democrazia saper superare i propri
errori", anche e soprattutto quando non li supera mai.
Comidad, 6 luglio 2006