Commentario

NASSIRIYA: UNA STRAGE SENZA KAMIKAZE


Una delle regole fondamentali della propaganda è che quando la propria posizione sia diventata insostenibile, occorre inventare una contro-posizione fittizia, che risulti ancora più insostenibile, e che serva sia a distrarre l'attenzione, sia a far recuperare credito.

La seconda strage di Nassiriya è stata infatti accompagnata da polemiche sullo slogan che sarebbe stato lanciato mesi fa in alcune manifestazioni e, recentemente, persino in occasione del 25 aprile: "Dieci, cento, mille Nassiriya". Lo slogan sarebbe stato nuovamente gridato in altre manifestazioni avvenute dopo l'attentato in cui sono morti quattro militari, di cui tre italiani.

Additando i soliti cattivi al ludibrio della pubblica opinione, il governo Berlusconi ha cercato di mettere in secondo piano le proprie dirette responsabilità nell'accaduto. Era ovvio infatti che annunciare il ritiro delle truppe italiane per poi dilazionarlo nel tempo, non avrebbe potuto evitare altri attacchi, perché le variabili in campo erano troppe, e non riguardavano soltanto i rischi connessi alla competizione tra i vari gruppi della resistenza.

Le altre variabili riguardavano gli stessi "alleati" dell'Italia, i quali hanno oggettivamente tutto il vantaggio a mettere in difficoltà le ipotesi di ritiro, presentandole come una resa di fronte al terrorismo. Non a caso questa tesi è stata ripresa dai commentatori delle grandi testate giornalistiche, a dimostrare ancora una volta la verità di quanto sosteneva già ottant'anni fa Francesco Saverio Nitti, e cioè che la stampa italiana rappresenta la voce della subordinazione coloniale dell'Italia ad altre potenze.

Non che Stati Uniti e Gran Bretagna abbiano effettivamente bisogno sul campo della presenza dei soldati italiani, ma la loro eventuale partenza rischierebbe di isolarli ulteriormente. L'aspetto curioso della vicenda è che i soldati del contingente italiano, compresi i loro comandanti, sembrano essere i più ansiosi di andarsene. È da rilevare infatti che nel loro rapporto sull'attentato, le autorità militari non hanno fatto nulla per accreditare l'esistenza del fantomatico soggetto politico detto "terrorismo" e, con sommo dispiacere dei giornalisti, hanno sgombrato subito l'ipotesi kamikaze, parlando di un ordigno collocato sul tragitto, secondo i normali canoni della guerriglia. È chiaro che sarebbe bastato anche solo ventilare l'ipotesi dell'azione di un kamikaze perché l'attentato diventasse automaticamente simbolo dello scontro di civiltà.

Coloro che di fatto auspicano altre "dieci, cento, mille Nassiriya" sono quelli che lavorano per ritardare il ritiro dei soldati italiani. Era questo che si voleva mettere in ombra quando si sono mandati dei provocatori a gridare quello slogan nelle piazze.

Comidad, 4 maggio 2006