Commentario
RAZZIALMENTE PURA O IMPURA, SEMPRE UNA PRESIDENZA "DE MIERDA"
La dichiarazione del presidente del Venezuela Chavez sugli "Yankees de
mierda" non è solo significativa di per sé, ma anche
perché è giunta a sostegno della decisione del presidente
della Bolivia Morales di espellere l'ambasciatore statunitense,
impegnato a fomentare la secessione di alcune regioni boliviane,
ritenute "interessanti" dalle Corporation statunitensi per le loro
risorse minerarie. Il presidente brasiliano Lula ha espresso anch'egli
sostegno e solidarietà al presidente boliviano, pur non
spingendosi come Chavez, ad espellere a sua volta l'ambasciatore
statunitense.
Non era mai accaduto che tre Paesi latino-americani prendessero
contemporaneamente delle posizioni così ferme contro l'ingerenza
coloniale degli Stati Uniti. Dall'altra parte del mondo, il tentativo
di isolare la Russia dopo la guerra in Georgia, ha addirittura sortito
l'effetto di riavvicinare diplomaticamente la Turchia (il "baluardo
della NATO") a Mosca, così che ne deriva di fatto una
convergenza tra i maggiori Paesi della Regione: Russia, Turchia e
persino l'Iran.
Oggi l'isolamento sembra colpire perciò più gli Stati
Uniti che i suoi nemici, anche se l'informazione "occidentale" continua
ad arrogarsi il ruolo del giudice che ammonisce e condanna. Gli
articoli di un Bernard-Henri Lévy non sono significativi come
espressione di un'analisi o di una strategia, ma come messaggi di
uffici-stampa delle multinazionali, che indicano come l'affarismo
americano non sia capace di accettare limiti o prudenze.
Sarebbe infatti riduttivo interpretare questa situazione di isolamento
degli Stati Uniti come l'effetto di un loro declino, a fronte
dell'emergere di nuove potenze economiche. In realtà gli USA
risultano in "declino" da molto più tempo di quanto generalmente
non si consideri, a confermare l'aforisma di Georges Clemanceau,
secondo cui gli Stati Uniti sono l'unica nazione passata direttamente
dalla barbarie alla decadenza senza mai passare per una fase di
civiltà. L'incapacità, sia economica che militare, degli
Stati Uniti di stabilire un vero dominio planetario fu evidente
già dopo le due guerre mondiali, perciò le categorie di
"impero" e di "superpotenza" hanno finito sempre per fuorviare e
forzare le analisi.
Gli Stati Uniti hanno però la capacità di destabilizzare
in permanenza l'assetto mondiale, sia attraverso l'aggressione diretta
che attraverso la complicità con i settori più reazionari
di ciascun Paese.
Ciò che in questa fase sta determinando il crescente isolamento
degli Stati Uniti, ed il diffondersi di posizioni di avversione sempre
più decise, è la presa d'atto dell'impossibilità
di addivenire a qualsiasi accordo e qualsiasi compromesso con le
amministrazioni statunitensi. Man mano che l'intrattabilità
degli Stati Uniti è divenuta una consapevolezza internazionale,
i gruppi dirigenti di molti Paesi sono giunti alla determinazione di
passare ad una politica più apertamente antiamericana.
Se dalle prossime elezioni americane - talmente finte da rendere
inadeguata la nozione di brogli -, dovesse risultare vincitore Mc Cain,
questa consapevolezza si rafforzerebbe ulteriormente e, di conseguenza,
anche l'isolamento statunitense. Se invece dalle pseudo-elezioni
americane venisse fuori una presidenza Obama, le speranze di un diverso
rapporto con gli USA si riaccenderebbero ovunque.
Non servirebbe a nulla far presente che le posizioni reali di Obama
sono altrettanto colonialistiche, aggressive e subordinate agli
interessi affaristici delle Corporation di quelle di Mc Cain: gli
scettici sarebbero travolti da un'ondata di entusiasmo filoamericano
generalizzato, che romperebbe, per un significativo lasso di tempo, il
pessimismo di cui gli Usa sono oggi circondati.
Ma gli Stati Uniti sono effettivamente in grado di puntare sulla
mistificazione Obama? In altre parole, le oligarchie statunitensi
sarebbero disposte a controllare le loro convinzioni razziali per far
salire alla ribalta un presidente di colore?
Il fatto che Obama sia un "meticcio", un "sanguemisto", aggrava il
problema, poiché per le oligarchie affaristiche la purezza
razziale, e la supremazia razziale anglosassone, costituiscono il perno
della loro falsa coscienza; un perno senza il quale sarebbero costrette
a vedersi per quello che realmente sono, cioè delle cosche
criminali favorite da particolari circostanze storiche e geografiche.
Se si tratta di razzismo, il punto di riferimento rimane il "Mein
Kampf" di Adolf Hitler, il quale individuava la chiave del successo
nord-americano, a fronte del "fallimento" latino-americano, proprio
nella politica di purezza razziale delle oligarchie anglosassoni. In
realtà, anche in questo caso, Hitler non faceva altro che
riprendere acriticamente la propaganda razzistica proveniente dagli
Stati Uniti.
Quando si parla dell'assassinio di John Kennedy si tirano in ballo i
più diversi moventi, ma non si prende mai atto del più
ovvio, e cioè il fatto che fosse un irlandese. Kennedy è
stato un dei presidenti più reazionari ed aggressivi che gli
Stati Uniti abbiano mai esibito, e se Oswald fosse stato davvero quello
che per cui venne presentato, cioè un simpatizzante della
rivoluzione cubana, avrebbe avuto validi moventi per un attentato.
Kennedy aveva condotto il mondo sull'orlo di una catastrofe nucleare
solo per stabilire che gli Stati Uniti possono minacciare chi gli pare,
ma non sono disposti a subire altrettanto. Kennedy arrivò
persino a rifiutare l'accordo propostogli dall'Unione Sovietica di un
ritiro contestuale dei missili sovietici da Cuba e di quelli americani
dalla Turchia, e ciò per ribadire che i missili sono cattivi
solo se non sono americani.
L'impossibilità che sia stato davvero Oswald ad uccidere
Kennedy, non deriva dalle considerazioni tecniche improbabili in cui
l'attentato è maturato, poiché lo stesso Oswald potrebbe
essere stato in parte fortunato, ed in parte un tiratore abbastanza
esperto da controllare i difetti del suo obsoleto fucile Carcano.
L'assurdità della vicenda consiste nel fatto che non si lascia
un sospetto attentatore del presidente nelle mani di una polizia
locale, ma lo si prende subito in consegna per accertare che non abbia
dei complici che possano attentare anche alla vita del presidente
successivo. Per quanto Johnson potesse essere soddisfatto che Kennedy
gli avesse lasciato il posto di presidente, non avrebbe mai accettato
che il presunto attentatore sfuggisse al suo controllo, per non
rischiare di fare anche lui la stessa fine del suo ex capo.
Dunque, Johnson ed il suo staff sapevano che quello non era il vero
attentatore e, se lo sapevano, vuol dire che essi avevano a che fare
con l'assassinio di Kennedy.
Del resto Kennedy aveva ormai fatto la sua parte, e poteva quindi
essere messo da parte per rimuovere lo scandalo di un irlandese
cattolico a capo di una potenza WASP.
Come "nuovo Kennedy", anche Obama potrebbe svolgere il ruolo di
suscitatore di false speranze nel mondo, per poi lasciare dopo un po'
di tempo il suo posto al suo vice Biden, grazie ad un qualche
provvidenziale attentato. Ma questa messinscena comporterebbe comunque
il temporaneo orrore di una presidenza razzialmente impura, e
bisognerà vedere se le oligarchie statunitensi avranno la
lucidità per attuarla e gestirla.
18 settembre 2008