Commentario

BASSOLINO, UN UOMO PER TUTTE LE MISTIFICAZIONI


Il rinvio a giudizio del Governatore Antonio Bassolino per la gestione dei rifiuti in Campania, costituisce la ovvia conclusione della campagna mediatica organizzata in questi mesi, ma ciò non vuol dire che in tale incriminazione vi sia una logica immediatamente riconoscibile.
Perché è stato incriminato soltanto Bassolino e non i Commissari straordinari per l'emergenza-rifiuti in Campania succedutisi in questi tredici anni?

E in base a quale valutazione l'uomo che a quel tempo i media nazionali e internazionali presentavano come l'autore del "rinascimento bassoliniano", fu invece esautorato della gestione dei rifiuti?

Le contraddizioni si spiegano se si considera Bassolino per quello che realmente è sempre stato: un uomo di paglia, un prestanome. A metà degli anni '90, la celebrazione mediatica dell'inesistente "rinascimento bassoliniano" servì a coprire la privatizzazione della finanza locale operata a Napoli dallo stesso Bassolino. Oggi il crescente prelievo fiscale esercitato dai Comuni e dalle Regioni non è in funzione della erogazione di servizi alla cittadinanza, ma va da un  lato per i profitti delle esattorie private, dall'altro per il pagamento degli interessi sui BOC (Buoni Ordinari Comunali). I due lati alla fine possono essere anche lo stesso, poiché, per il consueto gioco delle scatole cinesi, i veri padroni delle esattorie sono spesso anche i detentori dei BOC. Negli anni '90 i BOC del Comune di Napoli furono comunque piazzati in tutto il mondo, soprattutto in fondi di investimento statunitensi, cosa che procurò all'allora sindaco di Napoli grandissime lodi mediatiche.

Un altro motivo per il quale Bassolino è stato presentato per anni dalla stampa come un eroe, è che egli ha, silenziosamente e progressivamente, alienato la maggior parte del patrimonio immobiliare del Comune di Napoli  a favore di agenzie immobiliari come la Pirelli. Bassolino è stato un portabandiera delle privatizzazioni anche nel campo della questione rifiuti, dove ha sempre avallato l'appalto a ditte private della rimozione e dello smaltimento dei rifiuti stessi.

Si potrebbe quindi pensare che il crollo d'immagine di Bassolino possa esser dovuto al fatto che oggi egli sia andato in qualche modo contro gli interessi dei gruppi affaristici che ha sempre favorito in passato, ma non risulta nulla del genere. Il punto è che Antonio Bassolino costituisce un capro espiatorio ideale, poiché è un uomo prevedibile e meccanico in ogni parola ed in ogni gesto, cioè un tipico prodotto delle scuole-quadri del Partito Comunista Italiano degli anni '60. 

Chi lo ha conosciuto quand'era dirigente del Partito Comunista a Napoli, lo ricorda come un uomo incapace di pronunciare anche una sola frase che non avesse ripassato e memorizzato in precedenza. La sua funzione nel Partito era quella del poliziotto contro il dissenso interno, un dissenso peraltro inesistente, e che egli credeva di scorgere anche solo in un'espressione troppo pensosa, o in un look troppo intellettuale, o persino in una frase troppo lunga. Il suo aspetto di proletario rozzo e ruspante, i suoi modi sbrigativi e brutali, rendevano Bassolino un castigamatti perfetto per fustigare gli intellettualini del PCI, spesso costretti a subire da lui quella che era la sua sceneggiata preferita: il ritiro della tessera, strappata poi sulla faccia del malcapitato di turno.
La sua fama di "ingraiano" duro e puro conferiva al suo rigido conformismo un alone eroico e disinteressato, perciò negli anni '70 e '80 Bassolino rappresentava la "faccia pulita" del PCI napoletano, in confronto ad altri dirigenti locali notoriamente con le mani in pasta, come Geremicca. La cosa oggi può far ridere, ma Bassolino iniziò la sua ascesa, da semplice sbirro di partito a grande dirigente, identificandosi con la necessità di riscatto morale della città e, in base a queste premesse, fu eletto sindaco di Napoli e poi presidente della Regione. Che nesso c'è fra il Bassolino "moralizzatore" e l'attuale Bassolino "amerikano", uomo di paglia delle multinazionali americane e della U.S. Navy che scaricano rifiuti tossici nel territorio campano?

Il nesso è evidente se si considera che il PCI adottò dal 1976 in poi la questione morale come bandiera ideologica totalizzante a causa dello scandalo Lockheed, partito dagli Stati Uniti all'inizio del 1976, ufficialmente per opera della commissione presieduta dal senatore Church. L'affare Lockheed costituì un'operazione ideologica di portata "epocale", poiché gli Stati Uniti cambiarono le carte in tavola al punto da far apparire a tutto il mondo il loro colonialismo commerciale nei confronti dei Paesi "alleati" come una questione di disonestà dei popoli da loro colonizzati.

I governi "alleati" degli Stati Uniti che furono coinvolti nello scandalo - Giappone, Germania, Olanda, Italia - erano accusati di aver acquistato dalla multinazionale americana Lockheed degli aerei militari da trasporto e di aver intascato per questo delle tangenti. In realtà i trattati di "alleanza" degli Stati Uniti sono veri trattati commerciali coercitivi, con i quali i Paesi "alleati" si impegnano ad ammodernare il loro armamento rifornendosi dalle multinazionali degli stessi Stati Uniti. Ciò spiega in gran parte anche l'attuale smania di Bush di allargare la NATO ai Paesi dell'ex impero sovietico, dato che a questi Paesi, insieme al trattato di alleanza da firmare, viene fornita anche la lista delle armi che devono acquistare dallo stesso Bush.

Lo scandalo Lockheed trasformò il colonialismo commerciale statunitense anche in colonialismo ideologico, tanto da modificare l'ideologia del Partito Comunista Italiano, il cui segretario di allora, Berlinguer, arrivò a sostituire il socialismo con il "governo degli onesti". Quindi l'evoluzione del PCI nell'attuale Partito Democratico iniziò proprio con Berlinguer, il quale accettò senza discutere l'idea di una superiorità morale degli Stati Uniti.

Nessuno in Italia notò il paradosso di una superpotenza che prima costringe i suoi alleati a diventare suoi clienti e poi li etichetta di disonestà. Nessuno notò la contraddizione di un capitalismo che si presenta come rapporto di mercato e poi invece si alimenta di commesse militari senza concorrenza e di operazioni commerciali estorte ai clienti. Nessuno notò neppure la falsità del luogo comune secondo cui gli Stati Uniti si accollerebbero generosamente le spese per la difesa dei loro "alleati", come l'Italia.

La stampa e la magistratura si accanirono invece nella ricerca della "Antelope Cobbler" - nome in codice dell'ignoto percettore di tangenti interno al governo italiano -, senza volersi accorgere che la "tangente" era in realtà una mancia, dato che i governi in questione non avevano alcuna facoltà di opporsi all'acquisto degli aerei. Neppure Aldo Moro, nel famoso discorso del 1977 alla Camera per decidere dell'autorizzazione a procedere contro gli ex ministri della Difesa Gui e Tanassi, si soffermò su questa assurda pretesa statunitense di trasformare in superiorità morale il loro colonialismo commerciale. 

È chiaro che la questione dello scarico dei rifiuti tossici - comprese le scorie nucleari dei sommergibili atomici attraccati nel porto di Napoli - non riguarda direttamente né Bassolino, né la camorra, ma direttamente il governo italiano, il quale è da anni presente nell'operazione con un suo Commissario. Per quanto servile, Bassolino non viene ritenuto in grado di occuparsene in prima persona. Il suo ruolo attuale è appunto quello del parafulmine su cui dirottare l'indignazione di una popolazione costretta a subire una falsa emergenza, il cui scopo è di reperire sempre nuove discariche da riempire con sempre nuovi rifiuti tossici. 

6 marzo 2008      

COMMENTI FLASH


Fiori e cannoni (kenia 1)
La presentatrice televisiva Licia Colò, che conduce un programma popolar-turistico, ha invitato gli spettatori ad acquistare qualche fiore in più per aiutare la popolazione del Kenia in preda alla guerra
civile. In effetti il Kenia produce una percentuale consistente dei fiori venduti in Europa. Peccato che la produzione sia in mano alle solite multinazionali che, oltre ad aver impoverito il paese con le
monocolture, lo riempiono di armi per consentire ai kenioti di scannarsi tra loro con le solite provocazioni etniche, quelle provocazioni organizzate da improbabili leader locali etero-diretti . Alcuni telegiornali hanno riportato con enfasi il fatto che i Kikuiu - una delle "etnie" in lotta- sono dediti a particolari rituali magici di appartenenza; sarà un caso, ma si tratta della stessa storia che i giornali inglesi riportavano negli anni '50 all'epoca del massacro dei Mau Mau, ovvero proprio dei Kikuiu, da parte delle truppe coloniali britanniche.

Democrazia all'arancia (kenia 2)
Kibaki e Odinga sono i due leader principali che si contendono il potere in Kenia. Mentre Kibaki ha vinto delle elezioni sfacciatamente truccate, il leader dell'opposizione, Odinga, controlla la maggioranza del parlamento con il suo movimento ODM (Orange Democratic Mouvement). Il signor Odinga, dal passato sufficientemente delinquenziale, annovera tra i suoi più importanti consiglieri per la comunicazione lo statunitense Dick Morris, mai troppo lodato regista e sceneggiatore della fasulla "rivoluzione arancione" in Ucraina nel 2004. Visto che il Kenia è partner strategico di Washington nella "lotta al terrorismo" nel corno d'Africa , e che è uno dei paesi che potrebbero ospitare in futuro la sede dell'Africom, il comando militare che gli USA sono sul punto di installare sul continente, si può capire chi abbia le mani in pasta nella situazione attuale del Kenia.

Mercatino del lavoro
La crisi delle industrie automobilistiche USA continua. La Ford passa dal secondo al terzo posto fra i colossi del settore e decide di liberarsi di 54mila operai. Il metodo seguito in questa ristrutturazione è almeno apparentemente nuovo. I lavoratori in esubero vengono messi all'asta e ceduti al miglior offerente nell'ambito di kermesse definite senza ironia Festival del lavoro. Sembra che i giovani lavoratori della Ford in esubero siano entusiasti di questa trovata neo-schiavile. Si può esser certi che il PD, dopo la tempestiva adesione all'idea della castrazione chimica e altre proposte sadiche delle destre, non vorrà farsi sfuggire questa nuova lezione di democrazia che ci arriva da oltreoceano.

Camp 1
La coltivazione più diffusa e redditizia in California non è quella dei vigneti ma della marijuana. La crescita esponenziale della produzione interna, dicono sia dovuta alle difficoltà di importare la cannabis dal Messico e dal Canada per l'aumento dei controlli. Naturalmente il governo ha lanciato la sua campagna contro la coltivazione di marijuana, Camp (Campaign against marijuana planting), che avrà gli stessi risultati di quella contro il narcotraffico colombiano, ovvero l'aumento della produzione e del consumo. Se si tiene conto che gli USA consumano oltre il 50% della droga prodotta al mondo (solo in California, più dell'11% della popolazione fuma marijuana) e che una percentuale rilevante degli oltre due milioni di detenuti nelle carceri USA vi si trova per reati legati alla droga, si può capire come la droga sia una vera manna per il sistema di controllo e per l'affarismo criminale statunitense.

Camp 2
Ormai sembra certo che gli USA siano sul punto di raggiungere un nuovo record: più dell'1% della popolazione dietro le sbarre (oltre due milioni e trecentomila persone); anche l'Italia si difende bene
con i suoi 60.000 detenuti. Ma i contribuenti statunitensi possono dormire sonni tranquilli, visto che il costo dei detenuti non si trasformerà in aumento di imposte.
La maggior parte delle carceri USA è infatti in mano ai privati che, comprensibilmente, cercano di rendere proficuo lo sfruttamento del lavoro dei detenuti. Prima si guadagna sul traffico di droga e poi sul lavoro dei detenuti per reati connessi alla droga.

6 marzo 2008